La sezione Into The Groove di Seeyousound 10 presenta in sala un prezioso documentario Julien Temple dedicato ai primi vent’anni di vita del mitico chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards: The Origin of the Species.

Keith Richards si racconta nella sua infanzia e adolescenza, accompagnato da immagini d’epoca. È tutto molto semplice ed esaustivo. Una narrazione insieme umana e sociale fatta di parole, immagini e musica. Non è difficile ritrovarsi nella storia di formazione di un ragazzo europeo nato con la guerra, cresciuto con la ricostruzione, esploso con il desiderio di vita e cambiamento che ha permeato gli anni Cinquanta e Sessanta.

Seeyousound 10 Julien Temple Keith Richards

L’antiretorica di Julien Temple

Julien Temple, regista che conosce l’argomento su cui lavora da almeno cinquant’anni, usa con competenza, passione e leggerezza il linguaggio delle immagini e della musica con cui riveste le parole del vecchio Keith, che non sarà mai veramente vecchio, ma solo ufficialmente tale. Scova un apparato iconografico sontuoso, preso dagli archivi della BBC. Il suo sguardo è antiretorico, leggero e asciutto, il meglio dello stile inglese. Non c’è nostalgia né rimpianto nelle immagini ma una curiosità retrospettiva, in linea con l’understatement con cui Richards si descrive.

Vediamo immagini strepitose per efficacia evocativa, montate alla perfezione con commenti musicali, voci dell’epoca e le parole di Richards che si sovrappongono come in una suite particolarmente riuscita, un magnifico streaming in cui nulla si sovrappone e scorre con dolcezza e intima necessità. Non si può descrivere la quantità di sollecitazioni che si susseguono, un mondo compresso in poco più di un’ora unito alla storia di un uomo che ha saputo descrivere il nostro vivere, crescere, amare, provare, sbagliare, recuperare con l’immediatezza e la vicinanza che è propria della musica.

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Temple usa il commento musicale con sapienza e ironia, come quando accompagna i primi approcci agli strumenti musicali di Richards con L’apprendista stregone di Paul Dukas, subito seguito da una versione di Ruby Tuesday per orchestra sinfonica.

Ascoltando Radio Luxemburg

Come dire che alla fine  ce l’ha fatta, magari passando anche attraverso l’esperienza di un coro  maschile di voci bianche senza cui nessun inglese può pensare di diventare veramente un musicista, e risarcito in seguito da un coro di bambini vestiti da chierichetti che canta You Can’t Always Get What You Want, che puntualmente ci viene mostrato. Poi c’è Radio Luxemburg, e fa piacere vedere che anche lui la ascoltava come tutti noi apprendisti rockettari all’epoca, nonché suoi futuri affezionati clienti. E il rock degli esordi, il blues, la curiosità per un mondo in cui stava esplodendo uno dei più grandi fenomeni musicali del Novecento.

Keith Richards è senz’altro un uomo fuori dall’ordinario, che qui si racconta con pacatezza e misura, come uno di noi. Ripensando a quanto tempo abbiamo condiviso con quest’uomo, a sua insaputa, e quanto ne condividiamo ancora, vedendolo così piano e naturale lo percepiamo come uno dei tanti fili conduttori della nostra vita e comprendiamo perché è uno tra i più resistenti e significativi.

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Julien Temple ha il grande merito di averlo rappresentato nel suo spessore umano, nella sua grazia, nella sua gentilezza, di averlo inserito in un mondo concreto e condiviso in questo che è molto più di un documentario, ma un esempio perfetto di storia culturale.

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