Una direttrice d’orchestra lesbica si trova a fare i conti con le difficoltà dell’essere donna in un ambiente lavorativo prevalentemente maschile e con una sinfonia di Mahler. Potrebbe essere un riassunto di Tár di Todd Field, il tormentato finto biopic con al centro una magistrale Cate Blanchett, ma anche di Days of Happiness di Chloé Robichaud, in questi giorni presentato al Seeyousound nella sezione LP Feature

Per quanto le sinossi possano assomigliarsi sulla carta, i due film non potrebbero essere più radicalmente diversi, due variazioni sullo stesso tema che guardano a facce opposte dell’umanità. Se Lydia Tár è ferrea e inamovibile nelle sue decisioni, Emma (Sophie Desmarais), la protagonista di Days of Happiness, una stella nascente della scena musicale canadese, non ha ancora sotto controllo la sua vita, accelera senza aver ben chiaro come fermarsi per aggiustare il tiro. 

Al suo fianco c’è il padre e agente Patrick (Sylvain Marcel), che sta lavorando per cercarle un nuovo impiego ora che la sua residenza artistica sta per volgere al termine. Se da un lato l’uomo prova a trattare la figlia come tutti gli altri suoi clienti, i suoi atteggiamenti protettivi ai limiti dell’ossessione e il suo bisogno costante di perfezione mettono Emma in una posizione ostica.

Per il legame così forte che con il tempo si è sviluppato tra il lavoro e la famiglia, Emma non è mai stata capace di definirsi fuori da essi e ora che ha la consapevolezza del dolore che la malsana co-dipendenza col padre comporta ha finalmente il coraggio di imporsi. È anche merito della relazione con Naëlle (Nour Belkhiria), violoncellista nell’orchestra, se la giovane donna riceve la spinta necessaria per riconsiderare la sua esistenza. Naëlle tuttavia, nonostante la dolcezza che la sua interprete porta nella performance, rappresenta un controcanto solo apparente in Days of Happiness al dolore di Emma. 

Il film non riesce, come la sua stessa protagonista, a trovare un modo per affrontare la gioia annunciata dal titolo, perdendosi in una confusa autocommiserazione. Tutto ciò che si trova al di fuori dei confini della sofferenza che lega la protagonista al padre è a malapena abbozzato dalla sceneggiatura di Chloé Robichaud, tanto precisa nel catturare le ansie di Emma che dimentica la sua possibile gioia. 

Nonostante il focus quasi totale del film sulle dinamiche famigliari di potere, trova per fortuna spazio anche la musica che non solo regala a Days of Happiness la sua struttura (una divisione in capitoli ispirata alla Sinfonia n.5 di Mahler), ma anche alcuni dei suoi momenti più sentiti, dove la crescita di Emma diventa un unicum con l’espressione della sua arte, dove il controllo diventa uno spettacolo da ammirare.

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