Sono dati semplici, verificati e sconcertanti quelli alla base dello sviluppo narrativo del nuovo documentario di Giovanni Troilo, Vesuvio – Ovvero: come hanno imparato a vivere in mezzo ai vulcani, distribuito da I Wonder Pictures e presente in sala, da oggi al 16 marzo, in una serie di speciali proiezioni evento. L’area metropolitana di Napoli è una delle più densamente abitate del pianeta ed è compresa tra il Vesuvio ed i Campi Flegrei, due tra i vulcani attivi più pericolosi al mondo. Oltre un milione di persone vivono nella cosiddetta zona rossa, un’area che non racchiude però l’intero bacino geografico che verrebbe coinvolto da una nuova eruzione vulcanica. Che supera i 20km in ampiezza.

Il racconto prende avvio dall’analisi del potenziale di devastazione di una possibile eruzione e del livello di criticità con il quale si avrebbe a che fare. E Troilo lo sviluppa attraverso le storie di coloro che si trovano a vivere su una vera e propria bomba a orologeria, provando a indagare il rapporto di simbiosi profonda che lega gli abitanti di tutta l’area coinvolta ai suoi vulcani. Nel farlo, un ampio spazio viene dedicato all’elemento irrazionale delle possibili reazioni ad una presenza così ingombrante ed esplosiva nelle proprie vite. Non a casa, il regista sceglie di iniziare il viaggio del suo documentario dal reparto di ostetrica di uno degli ospedali napoletani. A segnare nel tracciamento dei valori vitali di quel futuro bambino un legame simbiotico con quello del sismologi dell’area: quel battito sembrerà sin da subito andare in sincrono con i movimenti dei vulcani, come nelle vene di quei piccoli che stanno nascendo sembrerà quasi che a scorrere nelle vene possa essere la stessa lava del Vesuvio.

Infatti, per molti, il Vesuvio non rappresenta solamente una minaccia, ma anche l’incarnazione di un’identità. È attraverso le storie di queste persone che il nostro racconto prenderà vita. E, visto che quella del vulcano campano è la storia più documentata al mondo – se ne sono occupati geologi, archeologi, filologi e antropologi – nonché un paesaggio globale fatto di miti e credenze popolari. sarà attraverso il rapporto che con lui hanno instaurato gli abitanti dell’area ad interessare lo sviluppo narrativo del documentario.

Come ha avuto modo di dichiarare il regista, Giovanni Troilo:

I veri protagonisti di questo film documentario sono il Vesuvio e i Campi Flegrei, due tra i vulcani più
pericolosi al mondo che abbracciano e allo stesso tempo tengono stretta in una morsa la città di Napoli.
Quando la camera scorre, a scorrere è la loro soggettiva che passa in rassegna la fitta umanità che li
popola, che consapevolmente o meno ha scelto di stare lì, come fosse l’unica possibilità, come se si
trattasse di un magnete a cui è impossibile sfuggire.
Le storie si succedono senza soluzione di continuità. La camera raramente indugia su qualcuno o su
qualcosa, ma lentamente, come la lava del racconto di Norman Lewis, travolge quello che incontra.
Entra per pochi minuti nel profondo delle storie, per poi passare a quella successiva. Penetra e ricuce
la realtà.
Vesuvio vulcano documentario recensione

L’umanità che circonda il vulcano è varia e complessa, fatta di vite semplici, di esistenze eccezionali, di passatempi e lavori regolari, di testimonianze al di fuori dell’ordinario: a pochi chilometri dal vulcano, ci sono gli allievi di una scuola di ballo che proseguono con i loro corsi coscienti della minaccia costante ma, come tutti, speranzosi di non vedere mai la cenere scivolare giù per la costa della montagna. Nello studio televisivo di Paradise TV a Ercolano, esattamente ai piedi del vulcano, si può assistere alle esibizioni spensierate di vari cantanti neomelodici e raccogliere la testimonianza del titolare Pino Grazioli che ricorda ancora i racconti del padre, presente all’eruzione del 1944. In Vesuvio – Ovvero: come hanno imparato a vivere in mezzo ai vulcani, si entra anche dietro le quinte del teatro San Carlo di Napoli, dove si allestisce il palco per la messa in scena di un’opera lirica che ha il Vesuvio come sfondo, assistendo alle prove del coro delle voci bianche e comprendendo come tutto, nella città di Napoli parli e sia collegato al vulcano, alle sue vibrazioni, ai suoi movimenti.

A sorvegliare su queste esistenze, almeno in parte, è l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che tiene monitorata l’attività vulcanica del Vesuvio e dei Campi Flegrei. In caso di segnali di “movimento”, i tecnici dell’INGV sarebbero tra i primi a dare l’allarme – che probabilmente però, non sarebbe abbastanza per garantire l’evacuazione degli abitati. Il documentario ne testimonierà parte dell’attività. Questo nonostante continue prove di evacuazione e procedure di sicurezza che, però, sono ormai obsolete e si rifanno ad un piano emergenza di oltre 25 anni fa. L’impossibilità di un’evacuazione non riguarda solamente i cittadini che risiedono nelle abitazioni private: nella zona rossa sorgono ospedali, centri diagnostici, industrie, cliniche e case di riposo per anziani.

Vesuvio vulcano documentario recensione

Tra elementi scientifici e dati ufficiali, accompagnati da un frequente ricorso ad immagini di archivio, ai fini del racconto di Vesuvio – Ovvero: come hanno imparato a vivere in mezzo ai vulcani restano imprescindibili gli effetti di un rapporto quasi spirituale tra la popolazione e i suoi vulcani. Un misto di amore e paura. Di razionalità e affidamento al simbolismo celato da questo legame così forte. Senza dimenticare la forte adesione alla cultura mistica ed esoterica degli abitanti. Che affidano le loro speranze nelle mani di una cartomante capace di trovare sempre il giusto esorcismo. E chiedono protezione a San Gennaro. Mentre quasi inascoltate sembrano ancora oggi le parole del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo, voce scientifica che guida lo spettatore lungo tutto il documentario. E che cerca più volte di sottolineare che la possibile catastrofe sia meno lontana e imprevedibile di quello che sembri.

Senza mai dimenticare che A Napoli non si è vicini o dentro a un vulcano. Si è vulcano.

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