Dopo l’anteprima internazionale alla Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, domani, 3 agosto 2023, il documentario Bellezza, addio, di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese, verrà proiettato nell’ambito di Festival Internazionale Inventa Un Film di Lenola. Dopo i successi ottenuti con Il caso Braibanti, il duo registico torna con un nuovo lavoro, prodotto da Zivago Film e Luce Cinecittà, continuando a porre la luce su un’importante figura di intellettuale controverso, spesso disprezzato (ed abbandonato) in vita, nonostante (o proprio per questo) fosse considerato da Pier Paolo Pasolini come il miglior poeta della nuova generazione, e ormai quasi dimenticato dopo la sua scomparsa: Dario Bellezza.

Il Rimbaud di Monteverde

In una Roma in cui, tra gli anni ’60 e ’70, intellettuali e letterati venivano spesso giudicati dalla società più per il modo in cui conducevano le loro vite che per le loro opere, nuove famiglie artistiche presero vita. In un continuo scambio, spesso accesso fino allo stremo, di idee, suggestioni, versi. Succedeva così, non di rado e spesso insieme, di incontrare per le strade figure divenute poi apicali nella storia della cultura italiana: Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante, Anna Maria Ortese. E tanti altri. Tutti accumunati da un costante senso di abbandono, dal terrore di non essere compresi, dall’angoscia di vivere una vita costantemente ai margini, economici come sociali.

Tra questi, anche Dario Bellezza, sodale di Pasolini che di lui apprezzava la sensibilità poetica e che gli amici definivano il Rimbaud di Monteverde. Appellativo che gli venne dato sia per il suo precoce talento poetico che per la sua rocambolesca fuga da casa e da una famiglia che non poteva e non voleva accettarne la dichiarata omosessualità. Costantemente in difficoltà economica, ma senza mai voler diventare un peso per nessuno. L’amico e maestro Pasolini inventò per lui una figura professionale, chiamandolo a fargli da segretario dalle fasi di preparazione del film Medea. Ruolo che Bellezza continuerà a ricoprire fino all’atroce omicidio del cantore dei ragazzi di vita romani nel 1975.

Il prologo di Bellezza, addio si affida ad episodio raccontato in Nozze col diavolo, romanzo fortemente autobiografico, in cui l’autore ricorda quando, a poco più di due anni, è al mare con la madre. Mentre si trova in acqua tra le braccia della donna, il bambino scivola via da quell’abbraccio e le onde lo travolgono. Il bambino sta per affogare. Qualcuno lo afferra per i piedi, tirandolo fuori dall’acqua prima che avvenga il peggio, ma la paura che la madre lo abbia abbandonato, e quella terribile sensazione di morte diventeranno un incubo ricorrente nella sua vita, segnandola indelebilmente. Come ebbe modo a dire Dario Bellezza:

Io vivo in una dimensione materna, non sono uno che cresce e diventa adulto, non cresco alla virilità

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Riscoprendo la memoria collettiva

L’Italia non ricorda. Così diceva, lapidario, Aldo Braibanti. Proprio dalla volontà di non dimenticare le radici attraverso cui la cultura del nostro paese si è fondata, Carmen Giardina e Massimiliano Plamese, cercando con Bellezza, addio di ripercorrere e stendere le pieghe di una memoria collettiva che si sta perdendo.

Lo fanno, come già successo con il loro precedente documentario, tessendo una trama perfetta. Fatta di un perfetto equilibrio tra interviste di esperti, amici del poeta, testimonianze dirette di chi lo ha conosciuto e vissuto quei ferventi decenni in cui il romanzo di Bellezza, Lettere da Sodoma (uscito nel 1972) aveva portato alla luce la Roma notturna degli omossessuali, prima costretti a nascondersi e che iniziavano proprio in quegli anni a mostrarsi sempre di più e a rivendicare il loro diritto al piacere.

Ad emergere, oltre alla straordinarietà dell’opera di Dario Bellezza – i cui versi spesso accompagnano le scene del film, ripercorrendo e cadenzando le varie fasi della vita del poeta – è la figura di un uomo complesso, che fatica a vivere nella realtà e che resta in vita con un costante presagio di morte. In un’intervista all’epoca, riportata integralmente nel documentario, in cui gli venne chiesto conto del suo modo di raccontare la società, disse:

Io non amo per niente la realtà. Mi trovo a disagio nella realtà. Credo che, siccome sono fortemente nevrotico e soffro di una nevrosi particolare che si chiama depressione endogena (una forma di follia che mi mette in uno stato di malessere), questo stato di follia e malessere esca fuori in quello che scrivo.
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Ph. Dino Ignani

Attraverso le parole soprattutto degli amici Barbara Alberti e di Maurizio Gregorini – che gli è stato accanto, rendendo vani gli spietati tentativi dello stesso Bellezza di cacciarlo – Bellezza, addio ci riporta non solo la complessità poetica di uno degli artisti fondamentali di quegli anni, ma anche il suo costante sentirsi sconfitto:

Non ho saputo sfruttare la mia fama. Perché sono un vinto. Sono sempre stato uno sconfitto

“Finché esisteranno poeti, sarà sempre tempo di poesia”.

La ricerca ossessiva di una figura materna, spesso ricercata nelle amiche Amelia
Rosselli
, Elsa Morante, Anna Maria Ortese. Donne a cui si affidava completamente, ma a cui non risparmiava aspre critiche, che spesso sfociavano in inconciliabili diatribe intime e devastanti. La convinzione, egocentrica ed edonista, che la sua poesia fosse superiore a quella degli altri, ma troppo scomoda per permettergli di guadagnarci. Che fu in parte la causa dell’accesa discussione con Aldo Busi scoppiata davanti alle telecamere del programma Mixer. La rabbiosa vergogna esplosa dopo la pubblicazione, nel 1996, di un morboso scoop giornalistico che rivela all’Italia che il poeta Dario Bellezza è malato di AIDS. Additato per strada e nei salotti romani come un appestato, il poeta si chiude in casa per difendere la propria privacy e rivendicando il diritto a rivolgersi a cure sperimentali.

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Ph. Dino Ignani

Il poeta, i suoi versi, restano al centro della narrazione. Con una sapiente colonna sonora, nuovamente affidata a Pivio e Aldo De Scalzi, a marcare lo strazio di Dario Bellezza, determinato a vivere il suo piacere, la sua ricerca del bello, pur sapendo di essere solo a vagare su una nave in tempesta. Parlando proprio dell’architettura musicale che accompagna lo sviluppo narrativo di Bellezza, addio, la regista Carmen Giardina ha dichiarato:

Ancora una volta, la collaborazione con Pivio e Aldo De Scalzi è stata per me basilare, la colonna sonora è uno dei pilastri su cui è costruita l’architettura del film. Una musica che non si nasconde, anzi, diventa quasi un personaggio in più, spaziando dall’elettronica al lirismo dei brani orchestrali.

Lo straziante ricordo di Maurizio Gregorini delle ultime settimane di vita del poeta, fortemente debilitato anche nella psiche dalla malattia, e dell’angosciante richiesta di quell’affetto materno cercato ardentemente per tutta la vita e non capace di arrivare nemmeno sul punto di morte, segnano indelebilmente il fulcro drammaturgico del documentario. Una tempesta di sentimenti che viene esaltata, sul finale, dal commovente e struggente canto della giovane Ginevra Nervi. Rendendo Bellezza, addio un monito a tutti noi non solo a non dimenticare, ma a combattere ed agire per la tutela della memoria di ciò che è stato il nostro passato storico prima ancora che artistico.

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