Cosa rende tale un gentiluomo? La definizione più classica potrebbe limitarsi a indicare delle caratteristiche superficiali e in un certo senso di cornice: una buona educazione, una famiglia abbiente alle spalle e una particolare eleganza nel vestire. Se gli elementi in questione possono indubbiamente indirizzare la traiettoria di una persona o influenzare il modo in cui questa viene percepita dagli altri, non bastano però a plasmare la sua coscienza.

La ricerca di una definizione complessiva della parola “gentiluomo” (o più correttamente “gentleman” per sottolineare la sua accezione inglese) è sempre stata un’ossessione nella saga cinematografico di Kingsman, diretta da Matthew Vaughn e tratta dai fumetti omonimi di Mark Millar e Dave Gibbons. Il motto dell’agenzia di servizi segreti è dopotutto “Manners maketh man”, I modi fanno l’uomo, e ogni membro viene insignito del nome di uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda per indicare il modello comportamentale a cui aspirare. Se anche nei capitoli precedenti la saga si concentrava su come una famiglia ricca o le migliori scuole non fossero fondamentali nella formazione di un gentiluomo, The King’s Man – Le origini, uscito in questi giorni nelle sale dopo 16 mesi di vari rinvii, preferisce concentrarsi sulla nobiltà d’animo e sulle diverse strade che si possono percorrere per raggiungerla.

Matthew Vaughn sceglie di mettere in disparte la storia di Eggsy Unwin per andare nel passato e raccontare le origini dell’agenzia Kingsman. È il 1921 quando la rete di spionaggio guidata dall’aristocratico britannico Orlando (Ralph Fiennes) intuisce che un conflitto mai visto prima nella storia dell’umanità sia alle porte.  Alla notizia che il Regno Unito sta mobilitando il suo esercito, Conrad (Harris Dickinson), il figlio del Duca di Oxford, chiede di poter partire per il fronte e difendere così la sua patria, ma il padre glielo vieta, grazie anche all’aiuto di Lord Kitchener (Charles Dance), Segretario di Stato per la Guerra. La situazione in Europa precipita presto con l’attentato all’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando che fa presto emergere l’esistenza di un piccolo gruppo di agenti, guidato dal misterioso Pastore, il cui unico obiettivo sembra quello di alimentare le ostilità tra Re Giorgio V, Guglielmo II e Nicola II.

The King’s Man – Le Origini sa di avere tra le mani il periodo storico più conosciuto e studiato in assoluto, ma non sa precisamente cosa farne. Da una parte lo stravolge, ridicolizzando alcuni dei suoi paesaggi più cruenti (vedi scena in mezzo ai titoli di coda, seguendo il modello Marvel) e banalizzando dinamiche fondamentali alla comprensione dei rapporti tra i paesi. Ad esempio, attraverso il gruppo di scagnozzi del Pastore, il film riconduce Grigorij Rasputin, Gavrilo Princip, Mata Hari e Lenin a un unico ceppo, come se le loro azioni fossero determinate da un unico comune denominatore. Il film sembra anche volersi avvicinare alla parodia, esagerando accenti e trasformando personaggi storici in puro comic relief (vedi Rasputin). Dall’altra parte la regia di Matthew Vaughn sembra voler trattare la storia con estrema serietà. Nelle scene di guerra, nello specifico, l’impostazione sembra guardare ai classici del genere come Salvate il Soldato Ryan e il più recente 1917.

Il film tuttavia trova il suo senso quando si allontana dalla sua fantastoria e si concentra sul personaggio di Orlando e sul rapporto con suo figlio. Nello specifico la sceneggiatura oppone le loro posizioni opposte al riguardo della guerra: se uno la vede come mezzo necessario per risolvere i conflitti, l’altro preferisce evitarlo preventivamente dopo aver visto le conseguenze che questa avuto sulla sua stessa famiglia. Conrad crede che l’impegno civile sia un tratto fondamentale della condotta di qualunque uomo e vuole dimostrarlo a Orlando insistendo per andare in guerra, anche se questi non ne comprende la ragione. Se la sceneggiatura cade spesso in dialoghi a dir poco didascalici, l’interpretazione di Ralph Fiennes riesce a tenere insieme il cuore emotivo del film.

The King’s Man è un prequel che giustifica la sua esistenza solo marginalmente, creando una storia quasi interamente staccata da quella principale se non per un leggero richiamo sul finale. Se rimangono l’energia e l’originalità dei combattimenti, viene a mancare la parodia ragionata del genere spy thriller che ha sempre rappresentato l’anima del franchise di Kingsman. The King’s Man prova a essere troppi film diversi contemporaneamente, sospeso tra storia, coming of age, guerra e tanto altro, con personaggi che appaiono come pesci fuor d’acqua (vedi Polly interpretata da Gemma Arterton, che appare come una Mary Poppins diventata spia). Facendo così dimentica però di dare spazio all’importante cast, relegando attori come Stanley Tucci a poche battute. The King’s Man finisce per essere poco più di un semplice esperimento se si guarda a Kingsman nel suo complesso: un esagerato gioco con i generi che affronta temi già trattati in passato dalla serie senza particolare innovazione o sicurezza.

The King’s Man – Le Origini è nelle sale italiane grazie a Walt Disney Studios.

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