Fare un adattamento è una delle sfide più difficili che un regista e uno sceneggiatore possano trovarsi davanti: soprattutto se si parte da un testo conosciuto dal pubblico, è facile cadere o nella mera copiatura o nella totale invenzione. Affrontare un’opera già adattata in precedenza aggiunge un ulteriore ostacolo e un ulteriore metro di paragone. Basti pensare alle opere di William Shakespeare: fin dal 1899 (il primo adattamento cinematografico di cui si ha notizia è una produzione teatrale filmata di King John), il drammaturgo inglese è stato protagonista in modo più o meno diretto di centinaia di film, cortometraggi e serie. È tuttavia anche vero che l’immaginario da lui creato grazie a tragedie come Romeo e Giulietta, Re Lear e Amleto o commedie come Sogno di una Notte di Mezza Estate e La Dodicesima Notte rappresenta una fontana talmente rigogliosa di idee, simbolismi, morali e personaggi memorabili che è impossibile al giorno d’oggi scrivere una storia senza essere ispirati anche solo in minima parte dal celebre drammaturgo.

Quando nel 2019 venne annunciato su Deadline The Tragedy of Macbeth, tutti si stupirono nel sentire che Joel Coen (per la prima volta separato dal fratello Ethan), con una filmografia così dissacrante e cupa alle spalle, avrebbe diretto una tragedia shakespeariana, nello specifico Macbeth, forse il testo più solenne e complesso del suo corpus. Il regista si era avvicinato all’opera per caso, senza essere un vero studioso di Shakespeare, principalmente guardando adattamenti altrui come Il trono di sangue di Akira Kurosawa. Un giorno l’attrice Premio Oscar Frances McDormand gli propose di dirigere l’adattamento teatrale di Macbeth in cui doveva recitare al Peet’s Theatre di Berkley, ma lui rifiutò nonostante l’idea lo stuzzicasse. Capì presto che ad intrigarlo era la sua vicinanza con tutto quello che aveva scritto fino a quel momento: nella sua essenza, Macbeth è la storia di una coppia che pianifica un omicidio e la violenza, la ricerca del potere e le loro conseguenze son sempre state i cardini del cinema dei fratelli Coen.

Nonostante alcuni punti di contatto col passato, The Tragedy of Macbeth rimane una scelta molto audace per il primo lavoro in solitaria di Joel Coen. Girato in un bianco e nero dalle ombre affilate grazie alla fotografia di Bruno Delbonnel (già collaboratore dei Coen in Inside Llewyn Davis e The Ballad of Buster Scruggs), il film sembra sospeso nello spazio e nel tempo. La Scozia del testo originale viene trasformata qui in un regno onirico che rende protagonista lo spazio negativo. The Tragedy of Macbeth decide di ridurre ogni dettaglio all’essenziale, rendendolo quasi ostile all’uomo, per amplificare il testo shakespeariano e il lavoro da parte del cast.

Ad interpretare una delle relazioni più complesse e autodistruttive che siano mai state scritte sono chiamati Denzel Washington e Frances McDormand. La maggiore anzianità rispetto al testo originale rappresenta, nell’ottica narrativa, un ulteriore ostacolo al loro destino: sono una coppia che non ha avuto figli e che non potrà mai averli, quindi qualsiasi successo otterranno, per quanto grande sia, morirà con loro.

La spossatezza e la saggezza sono due tratti fondamentali del Macbeth interpretato da Washington, che solo raramente dimostra quella furia che ci si potrebbe aspettare da lui. Ogni sua mossa, ogni sua decisione è estremamente controllata, come se il mondo si appoggiasse solo sulle sue spalle e spettasse a lui tenerlo in equilibrio. La Lady Macbeth di Frances McDormand è feroce e repressiva al tempo stesso, capace di gettare semi senza però aspettarsi quello che crescerà, ma la sua mancata maternità fa di lei un’inaspettata stratega, desiderosa di trovare una strada che porti lei e il marito a lasciare una traccia permanente sulla Terra. Sono diversi dai ritratti che il pubblico è solito vedere di questi personaggi, non solo per l’età, ma anche per la loro sorprendente umanità capace di emergere grazie alle ispirate scelte registiche di Joel Coen.

Per interpretare le streghe che avviano la narrazione grazie alla loro profezia, è stata scelta Kathryn Hunter, una veterana del teatro inglese quasi ignota al grande pubblico. La sua interpretazione è fastidiosa e terrificante, ma anche pericolosamente ipnotizzante: incarnando da sola le tre streghe, l’attrice si contorce su se stessa, usando i piedi come mani e le mani come piedi, parlando con voce bassa e graffiata.  Brendan Gleeson, Alex Hassell, Harry Melling, Bertie Cavel e Corey Hawkins completano il cast principale.

Spesso, nel cercare di trasporre un’opera teatrale al cinema, si cerca di annullare la sua dimensione da palcoscenico per renderlo più consono alla sala. Joel Coen va nella direzione opposta, verso un astrattismo che rende esplicita la natura fittizia dell’opera. Se i set son ridotti al minimo e il castello dalle mura altissime e immacolate sembra quasi fatto di carta, gli attori non offrono una versione esageratamente confezionata delle parole di Shakespeare, lavorando per sottrazione e rendendo il loro significato chiaro fin dalle espressioni facciali e dall’intonazione. The Tragedy of Macbeth è un film interessato più alla potenza originaria dell’opera che a una vera reinterpretazione dettata dal regista. Ogni scelta di Coen è un omaggio a Macbeth, trattandolo come opera sacra da rispettare e curare, ma non da sanitizzare. Si tratta difatti dell’adattamento più cupo e soffocante della tragedia shakespeariana: grazie a un aspect ratio 4:3, il film sottolinea il destino che attende i suoi protagonisti fin dall’inizio, non lasciando loro alcuna via possibile di fuga. Qui la speranza non può nascere, la terra è bruciata e chi prova a volere qualcosa di più cadrà, preda della sua stessa arma. The Tragedy of Macbeth è un film che si lascia guidare dal potere dell’opera originale, che capisce la sua natura e costruisce ogni sua scelta per portarla alla luce. L’unico peccato è non poterlo vedere in sala, a causa di una triste ma comprensibile scelta distributiva.

The Tragedy of Macbeth è disponibile su Apple Tv+.

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