Dopo diversi anni di gestazione possiamo, finalmente, presentarvi la recensione di Il Boemo, terzo lungometraggio del regista ceco Petr Václav. Coproduzione ceca, slovena e italiana per Dugon Film e distribuito da Cloud 9 Film, si tratta della ricostruzione cinematografica della figura e carriera di Josef Mysliveček, giudicato uno dei principali Maestri della musica barocca.

Dicono che fosse bello, alto, affascinante, oltre che ottimo musicista e debosciato gentile.  La carriera italiana di Josef Mysliveček è al centro di Il Boemo. Il film e diretto – e fortemente voluto – da Petr Václav, regista ceco che ha lavorato a lungo su materiali epistolari e d’archivio per raccontare i vent’anni vissuti in Italia, fino alla morte a Roma, del Maestro. Il Boemo entrò nel teatro musicale italiano senza difficoltà e lì rimase per tutta la sua carriera fortunata e breve perché, come molti altri libertini, si ammalò di sifilide e morì a poco più di quarant’anni. Lavorò soprattutto a Napoli, sempre con i cantanti migliori, guadagnando molto e scialacquando di più.

Il film procede per quadri ed episodi, in luoghi diversi e con molti personaggi di contorno. Le donne prevalgono come protettrici, amanti, primedonne, domestiche e mogli (altrui) infelici. Gran parte del film è dedicato alle relazioni intime del protagonista, un amante dolce e rispettoso, innamorato delle donne, che gli cadevano ai piedi e lui acconsentiva con garbo, seppur senza impegno. Qualcuna lo aiuterà nella carriera, che peraltro si impenna subito dopo un passaggio a Venezia, dove studia e fa le giuste conoscenze, e poi prosegue in gran parte a Napoli, ai tempi mecca del melodramma, con una quantità vertiginosa di teatri sempre alla ricerca di novità.

Chi era Josef Mysliveček?

Il Boemo Film Recensione

Il Boemo, che presto sarà Divino (in Italia lo chiamavano il Divino Boemo), arriva con molto talento e una buona formazione musicale che si era costruito a Praga. Non proprio alla moda, apprende velocemente, è capace di comporre melodie di presa immediata, di orchestrarle con gusto e, soprattutto, è in grado di interpretare le esigenze dei cantanti e di scrivere sulle loro caratteristiche vocali. Si disimpegna bene tra impresari e primedonne e lavora velocemente senza mai fallire una consegna. Il suo tempo (siamo nella seconda metà del Settecento) coincide con la fine di un’epoca, quella dell’opera seria, quando sulla scena agivano gli dei dell’Olimpo, i personaggi del mito, gli eroi della classicità.

Storie lontane legate ad una drammaturgia che prevedeva una lunga serie di numeri vocali di altissimo virtuosismo, affidati a divi interessati ad andare oltre i limiti per aumentare il proprio valore sul mercato.

Un modello consunto, che non rappresentava la contemporaneità e che verrà messo in discussione dalla new wave rappresentata da Wolfgang Amadeus Mozart, che insisterà per portare sulla scena la vera vita. Mozart e Mysliveček furono sempre molto vicini, si scrivevano e in particolare Mozart ammirava molto il suo collega più anziano. Una delle più belle scene del film mostra il loro primo incontro a Bologna, con Mozart tredicenne che ha già più vita alle spalle del collega, poco più che trentenne.

Il Boemo accenna una melodia al clavicembalo, subito ripresa dal ragazzino che la colora, la abbellisce, inserisce svolte inattese, desta stupore con grazia e rispetto. Forse sarà proprio la frequentazione con Mozart a creare dubbi nel Boemo. Sul finire del film, il protagonista si confessa stanco di storie antiche e capisce che è il momento di metter in scena altro, qualcosa di vero.

La musica protagonista in Il Boemo

La parte musicale del film è eccellente. Non solo per i tanti numeri vocali interpretati da quanto di meglio offra la scena musicale contemporanea, ma anche perché permette di comprendere il declino di un genere anacronistico attraverso le riflessioni del protagonista ed i dialoghi con la sua primadonna di riferimento, Caterina Gabrielli, massima diva del periodo ma anche musicista acuta, sensibile, intelligente, degna controparte del Divino.

In Il Boemo la musica è capace di mostrare uno snodo epocale, un passaggio verso un modo totalmente nuovo di concepire il teatro d’opera che muterà radicalmente sulla fine del secolo. In questo si avverte la collaborazione di Václav Luks, praghese, uno degli interpreti più sensibili del repertorio musicale del Sei/Settecento. Della sua visione moderna della fruizione e dell’interpretazione, nonché ricercatore e scopritore di opere del periodo. Con il suo Collegium 1704 e una schiera di cantanti eccellenti percorre tutto il film fino al finale, commovente, in cui la Gabrielli torna e intona un’ultima aria, questa sì nuova, sola in un salone vuoto, con Il Boemo ormai deformato dal male, e il suo clavicembalo. Questa stessa aria sarà poi ripresa da Mozart. Un suggello finale in gloria di Mysliveček.

Una lunga attesa per gli appassionati di musica barocca

Il film ha avuto una gestazione lunga e non priva di difficoltà, come ha dichiarato il regista Petr Václav, presente in videoconferenza all’anteprima offerta da Cinema Teatro Galliera di Bologna.

I vari step produttivi sono stati seguiti con attenzione dal pubblico, ristretto ma tenace, degli appassionati di musica barocca. Si è temuto quando le informazioni latitavano, si favoleggiava del cast vocale (aspettative mantenute se non addirittura superate); si cercavano prove della sua esistenza quando se ne perdevano le tracce. Di fatto, Il Boemo è un film di nicchia ancora prima di iniziare a circolare per le sale e, da quanto si è visto, è forse destinato a diventare un film di culto come altri che lo hanno preceduto (Tous les Matins du Monde di Pascal Quignard, Le Roi danse di Gérard Corbiau, tra gli altri). Se non altro per i seguaci e cultori della musica barocca.

Ma è anche un film storico ben documentato. Le ricostruzioni degli ambienti sono eccellenti; memorabili i retroscena dei teatri napoletani nel momento del massimo splendore e, per contrasto, la cupezza di Venezia, la cui gloria è ridotta allo stremo; ma anche lo strazio dell’ospedale di Monaco con uno squarcio di quelle che all’epoca erano le cure per la sifilide, e le orge nei palchetti dei teatri alla moda, o nei salotti delle dame.

Il Boemo Film Recensione

Un cast appassionato e centrato

Il film ha un incedere disteso, anche se qualche indugio era forse evitabile. Il cast è ampissimo e tutti gli attori recitano in italiano. Compreso l’attore protagonista, Vojtĕch Dyk. Quest’ultimo ha il giusto appeal, alto e consistente, bello e galante, con quell’accento esotico che un po’ gli dona. Barbara Ronchi (Caterina Gabrielli) è ammirevole, perfetta quando canta per gestualità e mimica facciale, ma anche quando fa le scenate da primadonna e soprattutto quando, con intelligenza, dà buoni consigli al suo autore.

Sensibile è anche Lana Vlady, chiamata a impersonare Anna Fracassati, forse la donna più amata da Mysliveček, purtroppo sposata ad un uomo esecrabile. Elena Radonicich, invece, è La Marchesa, nobildonna veneziana che lo introduce negli ambienti che contano. Tutti i personaggi di contorno, in gran parte attori italiani (tra i quali Diego Pagotto, Alberto Cracco e Chiara Celotto e una breve apparizione di Lino Musella), sono centrati. Merita di essere ricordata, con divertimento e tenerezza, l’interpretazione dell giovane re di Napoli,  Ferdinando I, affidata a Mirko Ciccariello, sorprendente.

Il Boemo Film Recensione

Scene e costumi, rispettivamente di Luca Scervino e di Andrea Cavalletto, sono di grande qualità, come la fotografia di Diego Romero, con ambienti che passano dalla cupezza degli interni poco illuminati ai profluvi della luce mediterranea negli esterni. Tutto serve a descrivere un’epoca.

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