Dopo l’anteprima mondiale in concorso a Venezia78, arriva in sala Un altro mondo, terzo film di quella che è riconosciuta come la trilogia sul lavoro di Stéphane Brizé. Anche questa volta, si conferma il sodalizio con Vincent Lindon, chiamato ad interpretare la profonda crisi, personale come professionale, di un dirigente d’azienda.

Gli elementi alla base del film potrebbero farci presupporre di essere di fronte ad uno dei più classici plot del cinema francese moderno: un uomo di successo, a capo di un dipartimento provinciale di una importante multinazionale nel campo degli elettrodomestici; il suo lavoro al centro di tutto, che lo portano a trascurare la moglie e la famiglia. Ma, con Un altro mondo, Brizé – come ci ha abituati con i suoi precedenti film – guida lo spettatore in un turbine di sentimenti contrastanti ed emozioni potenti, che generano un equilibrio precario con la voglia di denunciare la deriva verso cui la società sembra voler trascinare ognuno di noi.

Il coraggio di scegliere

Alla base, una consapevolezza: le scelte professionali di uno possono cambiare la vita di tutti. Un altro mondo inizia con un’aspra discussione tra il protagonista, Philippe Lemesle (Vincent Lindon), e sua moglie Anne (una intensa Sandrine Kiberlain) di fronte ai loro avvocati, con i quali stanno cercando un accordo per i termini del divorzio. Nessun dubbio sui motivi della separazione: l’incapacità di lui di staccarsi dal suo ruolo in azienda e di evitare di portare a casa le ansie e le tensioni costanti arrecate dal suo lavoro.

La rabbia di Philippe è palese. Non riesce ad accettare l’accusa di aver reso un inferno gli ultimi 7 anni di vita della donna che ha amato e con cui ha costruito la sua famiglia. Ma Brizé non vuole nascondere le menzogne del suo protagonista. E già dalla scena successiva ce lo mostra all’interno della sua azienda, intento a cercare di scongiurare un piano di ridimensionamento che rischia di rendere inevitabile il licenziamento di oltre il 10% dei suoi dipendenti, voluto dalla casa madre statunitense.

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Ma qualcosa in Philippe sta cambiando. La consapevolezza di aver perso con il suo matrimonio la parte più pura dell’uomo che era e la volontà di restare accanto alla sua famiglia in un momento delicato lo porteranno a rivalutare le sue priorità. Non riuscendo più a riconoscersi il quella cultura aziendale in cui aveva messo tutto se stesso. Infatti, la lealtà che ha sempre dimostrato alla sua società vacilla davanti a ordini che non riesce a comprendere.

Sarà in questo momento che dovrà fare una scelta definitiva: essere il leader che il Gruppo vorrebbe o l’uomo che desidera essere. Una scelta difficile, ricca di conseguenze dai complessi risvolti psicologici. Lungo questo percorso di comprensione e decisione di Philippe Stéphane Brizé guida il pubblico, senza fare sconti ad un sistema economico come quello aziendale incapace di provare empatia per i lavoratori e che non esita a distruggere vite in virtù di sempre maggiori profitti.

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Quando il lavoro diventa disagio

Nel raccontare le fasi di costruzione della storia attorno cui ruota Un altro mondo, il regista ha dichiarato:

Ovviamente, non considero l’azienda, così come la famiglia, un luogo di sole nevrosi, tensioni e violenza. Ma ci sono storie di treni che arrivano in ritardo e un film, un libro o un’opera teatrale possono aprire una finestra sulle zone disfunzionali. E sono le ragioni del fallimento quelle che devono essere osservate. Tutti i manager che abbiamo incontrato con Olivier Gorce [suo storico co-sceneggiatore] sono stati allontanati dalle loro funzioni, in un modo o nell’altro, anche se per molti anni hanno seguito le direttive del sistema senza fare domande. Tutti dotati di enormi competenze intellettuali o gestionali. Tutti al servizio di multinazionali e società quotate in borsa. Ci hanno parlato del loro disagio, della sensazione dolorosa e insopportabile di essere semplicemente diventati la cinghia di trasmissione di un sistema aggressivo e pieno di disposizioni contraddittorie. Ci hanno parlato della loro ansia da prestazione, del timore di non essere all’altezza delle aspettative altrui. Alcuni hanno vissuto un completo esaurimento, altri erano a disagio nel rapporto con i loro superiori e sono stati messi da parte, e alcuni se ne sono andati prima di crollare. Tutti ci hanno parlato dell’inevitabile impatto avuto sulle loro famiglie. Philippe Lemesle è uno di loro, un individuo pieno di buona volontà; ormai con l’acqua alla gola arriva finalmente a chiedersi cosa sia lecito sacrificare della vita personale per il lavoro.

Una storia di precariato. Esistenziale, prima che lavorativo. Che eleva la possibilità di scegliere a puro atto di coraggio in una società che ci vorrebbe succubi del rispetto totale di ordini spesso inaccettabili.

Un altro mondo è distribuito in Italia da Movies Inspired. Inoltre, il film verrà presentato ufficialmente, oggi alle 18.30, nell’ambito della XII edizione di Rendez-Vous, rassegna organizzata dall’Institut français Italia dedicata al nuovo cinema francese. Una importante occasione per il pubblico di incontrare il regista alla fine della proiezione.

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