Con un toccante video saluto di David “Ziggy” Marley che anticipa la visione in sala, arriva oggi al cinema Bob Marley. One Love, film per la regia di Reinaldo Marcus Green (dietro la macchina da presa anche in un altro recente biopic di successo, Una famiglia vincente – King Richard). Distribuito in Italia in oltre 400 sale da Eagle Pictures, Bob Marley. One Love vede tra i produttori esecutivi Cedella e Ziggy Marley (due dei tredici figli del Re del Reggae) e Rita Marley, moglie di Bob e tenutaria del suo lascito artistico e politico.
Con lo scopo di raccontare il difficile biennio tra il 1976 e il 1978, che ha fortemente segnato non solo la carriera musicale e il riconoscimento internazionale della musica di Bob Marley, ma anche quello che è stato il suo ruolo nella politica e cultura giamaicana, Bob Marley. One love ha già ottenuto un importante riconoscimento nella sua prima settimana sul mercato internazionale. Infatti, nonostante esca da noi, in Corea del Sud e in Giappone oggi, era già in sala dal 14 febbraio nel resto del mondo. E, con i suoi 80 milioni di dollari incassati, è attualmente il secondo miglior biopic musicale di sempre, poco dopo Bohemian Rapsody. Come era prevedibile, in Giamaica il film si sta attestando come il miglior debutto in sala di sempre.
La trama
Nel 1976, la Giamaica sta vivendo una sanguinosa guerra civile politica. Fomentata dalla contrapposizione tra i due principali partiti politici nazionali, il Partito Laburista Giamaicano del primo ministro Michael Manley e il Partito Nazionale del Popolo di Edward Seaga, la guerra lascia il paese in mano alla violenza delle gang armate.
Bob Marley (Kingsley Ben-Adir, che ha confessato di aver compreso la portata storica del Re del reggae solo impersonandolo in Bob Marley. One love), nato da una relazione invisa dalla società dell’epoca tra un ufficiale della marina britannica e una allora diciottenne giamaicana nera, da sempre vive l’intimo fastidio di essere giudicato un mezzo sangue. La sua costante lotta con il trauma dell’abbandono paterno e la sua volontà di dare dignità ai giamaicani costretti a vivere in quei poveri sobborghi cittadini in cui lui stesso è cresciuto, fanno sentire a Bob il peso di fare qualcosa per il suo paese.
Sarà questo a spingerlo ad aderire ad un evento speciale, nel dicembre 1976, organizzato da Manley nel tentativo di alleggerire le tensioni nel paese: Smile Jamaica. Tre giorni prima del concerto, Bob, sua moglie Rita (una intensa Lashana Lynch) e il manager Don Taylor sono vittime di un attentato. Mentre Rita e Don subiscono gravi ferite, Marley riesce ad esibirsi. Ma subito, per proteggere se stesso e la sua famiglia, decide di lasciare la Giamaica e trasferirsi a Londra.
Un ponte tra Inghilterra e Giamaica
Ad accoglierlo in Inghilterra, il produttore Chris Blackwell (James Norton, emblema di quanti splendidi attori escano dalla Royal Academy of Dramatic Art e protagonista di numerose serie inglesi prodotte dalla BBC). Discografico di origini caraibiche, Blackwell ha vissuto tutta la sua infanzia in Giamaica e, una volta tornato in Inghilterra per completare gli studi, fonda la Island Records, allo scopo di promuovere giovani artisti giamaicani. Sarà lui a vedere per primo il potenziale internazionale di una band emergente, Bob Marley&The Walers e a portarli all’attenzione del pubblico mondiale.
E a ospitarli durante la loro fuga londinese. Durante la quale, in jam sessions casalinghe, conviviali registrazioni in studio e alcune contaminazioni dalla musica inglese dei primi anni ’70, Bob Marley e il suo gruppo incideranno l’album Exodus. Capace di piazzarsi nelle classifiche inglesi per ben 56 settimane consecutive, il disco permette a Marley di svolgere un imponente tour europeo, che lo consacrerà nel mondo come il più importante e noto musicista reggae della storia.
Rita, precedentemente rifugiatasi in Delaware dalla madre di Bob con i loro figli, lo raggiungerà a Londra. Qui vedrà il marito in un periodo di forte crisi. Tra chi cerca di trarre profitti personali dall’incredibile successo che il gruppo sta ottenendo in Europa e quel senso di costante incertezza che ha sempre caratterizzato la vita di Bob.
Che sembra si stia perdendo, facendo costante riferimento alla religione Rasta che ha abbracciato da poco più che adolescente e con il desiderio di poter continuare a contare per il suo popolo.
Intanto, due tra i principali leader della gang armate giamaicane, Claudius “Claudie” Massop e Aston “Bucky” Marshall, capiscono che la cosa migliore da fare per il loro paese è ritrovare l’armonia attraverso la musica, usata come fattore riunificante, con un grande concerto a Kingstone: il One Love Peace Concert. Massop vola a Londra e convince Bob Marley a tornare in patria per la prima volta dopo l’attentato e a partecipare all’evento. Durante l’esibizione, sulle note di Jammin’, il cantante convince i due leader politici giamaicani a salire sul palco e stringersi la mano. Un gesto storico. Che segna l’apice del ruolo politico di Marley per la pace nel suo paese e gli varrà, ad aprile 1981, il conferimento della Medaglia della Pace delle Nazioni Unite.
La nostra recensione
Bob Marley. One Love è un biopic imperfetto. Manca un approfondimento coerente e non discontinuo sulla vita privata di Bob Marley. Affidandosi (troppo) all’uso di flashback per ripercorrere i traumi del suo passato familiare e riportando molto dell’essere e del vissuto dell’artista ad una dimensione esasperatamente onirica, Green non centra l’obiettivo di andare oltre una narrazione agiografica che poco coglie di quella che è una imprescindibile icona del reggae.
Da questo punto di vista, indubbiamente, deve aver influito la presenza ingombrante di una produzione a gestione familiare. In cui sicuramente Rita Marley ha voluto soprassedere ad alcune mancanze nel rapporto tra lei, il marito e i tredici figli. Solo tre dei quali nati dalla coppia e gli altri da relazioni extraconiugali di entrambi. Allo stesso modo, poco traspare del carattere maniacale e burbero di Bob, che ha spesso minato il rapporto con i suoi musicisti.
Ma sono due i motivi per i quali ci sentiamo comunque di consigliare la visione di Bob Marley. One Love. In primo luogo, per l’inedita possibilità che il film offre di comprendere la portata politica della figura di un uomo diventato simbolo delle lotte sociali del suo paese. Nonché di portare alla massima diffusione non solo la musica reggae, ma anche la cultura valoriale della religione Rasta nel mondo. Che proprio grazie al ruolo di Marley nella sua promozione ha potuto contare su numerosi adepti anche a livello internazionale. Numerosi nel film i riferimenti a riti e rituali nonché ai dettami del Rastafarianesimo e all’adorazione di Jah, il Dio sceso in terra. Una religione di cui Bob Marley è stato portavoce nel mondo e di cui era fervente praticante.
Un altro elemento di assoluto rilievo in Bob Marley. One Love, capace di contraddistinguerlo fortemente rispetto ai più recenti biopic musicali usciti, è la preponderante presenza della musica e dei brani più iconici della carriera di Marley. Di cui possiamo sentire la caratteristica e inimitabile voce originale. Anche questo grazie al contributo nella realizzazione del film di moglie e figli dell’artista, detentori unici dei diritti sulla musica di Bob Marley. La voce del Re del Reggae ad accompagnare ogni scena, le note melodiche prima appena accennate di Redemption Song e che poi esplodono in una delle scene di vita familiare più toccanti del film, accompagnano lo spettatore sin dai titoli di testa. Proprio a sottolineare quella costante ricerca di redenzione, per sé e per il suo popolo, che ha caratterizzato tutta la vita di Bob Marley.
Ci permettiamo una nota per la versione italiana che troverete in sala. Perché Bob Marley. One Love è un film che vi consigliamo di cercare in versione originale. L’atonia e scarsa resa del doppiaggio italiano rischiano di rovinare l’esperienza della seppur spaesata convincente interpretazione di Kingsley Ben-Adir. A cui, tra le altre cose, si deve l’essere riuscito a portare sullo schermo la potenza del coinvolgente sorriso di Bob Marley.