È difficile guardare il panorama produttivo odierno per quello che riguarda il cinema e la serialità senza chiedersi i motivi di questa assenza di creatività interna. Quasi ogni storia è frutto di un adattamento e capita sempre più di frequente, anche perché le fonti non sono infinite, che esistano più adattamenti dello stesso materiale. Un tempo questo era il destino delle opere shakespeariane o dei più grandi classici della letteratura, ma adesso può capitare anche a romanzi qualsiasi, persino dei primi anni 2000, a patto che siano stati dei casi letterari.
È il caso di One Day di David Nicholls, pubblicato nel 2009 ed arrivato in Italia solo nel 2011. C’è chi l’ha definito il nuovo Harry ti presento Sally, anche se questa descrizione potrebbe far pensare a una storia molto più ottimista e priva di ostacoli di quella pensata dall’autore per i suoi due protagonisti, Dexter ed Emma.
A distinguere One Day dalle migliaia di storie d’amore che vengono scritte ogni anno è soprattutto la struttura: si sceglie difatti di raccontare un solo giorno, il 15 luglio, per vent’anni, partendo dall’incontro tra i due all’Università di Edimburgo. I restanti 354 o 365 giorni a seconda dell’anno sono solo raccontati nelle loro parti più essenziali, il resto è un lavoro di ricostruzione che spetta al pubblico.
Logicamente un adattamento di One Day non può snaturarlo, cambiandone il formato, e quindi quando nel 2011, lo stesso David Nicholls ha provato a riassumere vent’anni in appena 108 minuti di film, le reazioni non sono state proprio positive. L’adattamento diretto da Lone Scherfig era privo della profondità e della malinconia che avevano fatto innamorare il pubblico e anche il casting, che accoppiava Anne Hathaway e Jim Sturgess, non riscosse grandi consensi, soprattutto per l’accento molto forzato di lei.
È un bene che One Day abbia avuto un’altra chance come adattamento, anche se son passati appena tredici anni dal film. È un bene perché la storia, nelle mani di Netflix e della showrunner Nicole Taylor (qui David Nicholls appare come sceneggiatore solo per un episodio), ha finalmente il respiro che si merita: la novità principale è il nuovo formato, questa volta non un film ma una serie di quattordici episodi (da 30 minuti l’uno, non temete). One Day capisce che con Dexter e Emma (gli incredibili Leo Woodall e Ambika Mod) la chiave è la pazienza, la pazienza di stare con loro, di conoscerli in tutte le loro paure e di vederli crescere.
Più che una mera storia d’amore, One Day è l’espressione della quotidianità nella sua chiave più essenziale. Il 15 luglio non è un giorno speciale per Dexter e Emma, è un giorno qualsiasi della loro vita, che però grazie a una durata più generosa della serie si trasforma in uno spazio dove i personaggi imparano a essere adulti, scontrandosi con difficoltà reali e non facenti parte solo della finzione letteraria. Dexter ed Emma rimangono due mondi che si intersecano a fatica, figli di due percorsi di vita diversi e proprio per questo necessari l’uno all’altra.
Nonostante le premesse possano farlo pensare, non sono il classico caso di “opposti si attraggono”. Descrivere la loro relazione tramite le dinamiche solitamente ascritte alla romcom sarebbe a dir poco riduttivo. Se la storia tra Dexter e Emma è entrata nell’immaginario collettivo è per la sua incredibile specificità nonostante l’innata universalità. Non è un amore che vive di grandi gesti, di dichiarazioni strappalacrime, è un amore che entra nella routine quotidiana perché è quello il suo posto naturale.
La riuscita della serie evidenzia l’inutilità del finale del libro, un colpo di scena che offre suo malgrado una nuova visione degli eventi finora esperiti. Se nel romanzo la nota melodrammatica portava la storia alla deriva, Nicole Taylor riesce a tenere le redini del racconto, giocando con il pubblico in modi inediti senza mai prenderlo per scontato. Sarebbe meglio poter riscrivere completamente il finale? Sì, ma nel mentre la serie è stata capace di mostrare una maturità che è mancata persino allo stesso David Nicholls.