Nel 1950, come alternativa al Corriere dei Piccoli e a Il Vittorioso, ambienti della sinistra italiana decidono di dare vita ad una nuova rivista per ragazzi: il Pioniere, tra i cui direttori e autori spicca il nome di Gianni Rodari. Lo stimolo arrivò dal fatto che, nello stesso anno, Carlo Pagliarini – fondatore e primo presidente di Arciragazzi – diede vita all’Associazione Pionieri d’Italia, che divenne l’organizzazione creativa dei ragazzi comunisti. Da qui parte Luca Scivoletto per costruire la storia del suo romanzo e della sua opera prima alla regia, I pionieri, da domani (13 aprile) in sala.

La trama

Sicilia, 1990. Mentre i genitori sono completamente concentrati su quello che si sta delineando come una cambiamento epocale nella storia del Partito Comunista Italiano, i loro figli dodicenni stanno vivendo i problemi e le crisi che caratterizzano tutti i ragazzi della loro età. Nel caso di Enrico, però, le preoccupazioni non sono dettate dai primi sbalzi ormonali o da un amore non corrisposto. Il suo più grosso problema è proprio il Partito Comunista, di cui il padre è dirigente locale e probabile futuro segretario generale e sui cui valori la madre ha deciso di fondare l’educazione dei figli. Quindi, il capitalismo non può esistere in casa Belfiore: niente Reebook, niente Rambo, niente Nintendo. In pratica, nessuna possibilità di uniformarsi alla normale vita sociale dei ragazzi della sua età.

Il suo unico amico è il coetaneo Renato. Orfano di un padre morto per la troppa passione politica e di una madre che cerca di mantenerne intatto il ricordo. Renato nel Partito Comunista ci crede davvero, tanto da vestirsi e parlare come un funzionario anni Sessanta. Enrico, invece, vorrebbe solo essere come tutti gli altri. E non dover andare al mare. Per questo, in quello che sarà il suo primo impeto rivoluzionario, lui e Renato decidono di scappare di casa e di andare in campeggio. Ma non in un campeggio normale: vogliono rifondare I Pionieri, i vecchi scout comunisti estinti nel 1975.

Sulla via della fuga, si uniscono a loro Vittorio Romano (bullo pluri-bocciato e figlio di un funzionario dell’MSI) e Margherita (figlia di militari della base americana che non vuole ritornare negli States). I quattro ragazzini si ritrovano a vagare soli tra i boschi. Spaventati solo dalla paura che la loro vita sarà sempre gestita dalle rigide regole della politica e della legge militare.

Di questo e altro, Enrico può confidarsi solo con il suo spirito guida, che gli appare nei momenti di maggiore difficoltà per consigliarlo sulla scelta più saggia e compatibile con la sua educazione comunista: Enrico Berlinguer.

I pionieri di Luca Scivoletto

Già nel 2019, Luca Scivoletto raccontò la storia di Enrico, Renato, Vittorio Romano e Margherita e della loro rifondazione degli scout comunisti nel suo romanzo di esordio: l’omonimo I Pionieri (ed. Fandango Libri). Ora Fandango e Rai Cinema si uniscono per produrre la trasposizione cinematografica del libro e il suo primo lungometraggio, che arriva dopo una lunga carriera di regista di cortometraggi pluripremiati e qualche collaborazione come music e sound designer (anche per questo suo esordio nel cinema cura la colonna sonora, insieme a Alessandro “Asso” Stefana).

Il regista dimostra, quindi, un forte legame con questa sua storia. Nelle sue note di regia ne spiega i motivi.

C’è una fase, poco prima dell’adolescenza, in cui comincia a rompersi tutto. Le cose che ci
sembravano normali di colpo perdono senso. Voci discordi si insinuano, la nostra personalità prende
forma e preme, da dentro, facendoci cambiare direzione. È questo momento breve, di
trasformazione, sospeso e anche un po’ magico, quello che ho cercato di captare e rappresentare
ne I Pionieri.
Sono partito dalla constatazione che nell’Italia della mia infanzia, ancora divisa tra le basi
militari degli americani e il più grande Partito Comunista d’occidente, la politica esercitava sui legami
familiari un impatto molto più forte rispetto ad oggi
, quasi come il calcio, a volte eccessivo, quindi
potenzialmente comico. E sono partito da un disagio personale: figlio di genitori comunisti, nato e
cresciuto però nel momento storico sbagliato, gli scintillanti anni ’80, col comunismo in crisi e tutti
gli ideali assorbiti da bambino che si facevano, anno dopo anno, sempre più inapplicabili. Il risultato:
un precoce e mai risolto smarrimento politico.
L’aspetto autobiografico, però, si ferma qui. Perché fin dall’inizio il mio obiettivo è stato
quello di raccontare una storia universale: l’amicizia simbiotica tra due ragazzini e il modo con cui
entra in crisi una volta che uno di loro rompe la bolla di certezze che li ha protetti fin dall’infanzia.
Per Enrico e Renato questa bolla si chiama Partito Comunista Italiano, ma ogni spettatore potrà
chiamarla in modo diverso, secondo il proprio vissuto.

Nel tentativo di descrivere meglio i suoi protagonisti, schiacciati tra le visioni di Enrico Berlinguer e il tifo per la nazionale dell’URSS ai Mondiali di calcio, Luca Scivoletto aggiunge:

Ho sempre visto Enrico e Renato come due nerd, “infettati” dalla passione politica delle loro
famiglie e fuori posto nel contesto in cui vivono: una provincia marginale della Sicilia che mi
interessava tuttavia agganciare tematicamente a eventi storici molto più grandi, come la fine del
comunismo e della Guerra Fredda.
Le scelte di messa in scena hanno preso ispirazione dall’età dei protagonisti. Un’età di
passaggio
, dove sogni e realtà riescono ancora a mischiarsi. Sentivo che di fronte a loro la macchina
da presa dovesse porsi a una distanza ironica ma complice, senza arrivare a nascondersi, ma
trasmettendo nello spettatore la sensazione che quei ragazzini fossero stati lasciati veramente
«soli» mentre tentano di ricostruire, in quel bosco, un mondo tutto loro. […] È questo il cinema che amo, capace di registrare la verità di sguardi e palpiti, ma lasciando al tempo stesso la porta aperta ai sogni, siano essi assurdi, irrealizzabili o infranti.

La nostra recensione

Sfidando la rinomata difficoltà dell’ambito festivaliero di accogliere commedie nelle selezioni ufficiali, il Torino Film Festival ha deciso di investire su I Pionieri, presentando l’esordio di Scivoletto nella propria sezione Favolacce. Una scelta che abbiamo particolarmente apprezzato, giudicando il film tra i titoli più coinvolgenti tra le opere prime presentate al TFF e non avendo, ora, dubbi sul fatto che si tratti di uno dei migliori esordi di questa stagione cinematografica nonché una delle commedie più ironiche, a tratti irriverenti, degli ultimi anni.

L’attenzione maturata negli anni di lavoro sulla forma del cortometraggio, portano Scivoletto a fare movimenti di macchina che non sono mai artificiosi, ma perfettamente integrati nello sviluppo narrativo. Con un’attenzione sulla descrizione dei personaggi e la distinzione dei loro ruoli all’interno della trama delineate e definite, altamente funzionale all’offrire al film un incredibile ritmo che permette di godere appieno della leggerezza che si vuole ottenere.

La vera forza del film, come del romanzo, resta nei personaggi dei giovani protagonisti. Mattia Bonaventura (Enrico) sembra il volto perfetto: il suo spaesamento espressivo, la sua intonazione sempre a tema, il suo guardare a Enrico Berlinguer (straordinariamente credibile Claudio Bigagli nel suo farsi spirito guida del giovane) con quel misto di rabbia per le imposizioni genitoriali e messia nel cercare di dargli una sua via. Allo stesso modo, tenero, divertente, portatore di riflessioni sull’importanza di guardare ai propri figli non in base ai propri valori quanto alla loro reale indole, risulta l’interpretazione di Francesco Cilia (Renato).

In questo contesto, quasi sembrano sparire i seppur bravi  Peppino MazzottaLorenza Indovina (i genitori di Enrico) o Eleonora Danco (la madre di Renato). Tranne poi accorgerci che le loro interpretazioni sono totalmente messi al servizio di quella volontà di Luca Scivoletto di rappresentare la storia non con lo sguardo dell’adulto che vuole imporre il proprio giudizio. Ma mostrare complicità e anche solidarietà verso quei giovani sentimenti rivoluzionari che stanno formando i protagonisti.

I Pionieri è un film che ha il grande pregio di riuscire a parlare a più target di pubblico. E se, come dice Margherita, “Il Comunismo è morto”, noi facciamo nostra la risposta che le dà Renato: “Non qui!”. Quando e dove un film come questo ha il potere e la forza di ridere della politica e di farci ricordare che i nostri ragazzi sanno essere più rivoluzionari di quanto noi stessi non siamo mai stati.

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