Durante il partecipato incontro svolto ieri durante il primo giorno del XXI Festival del Cinema di Porretta, il critico e storico del cinema Alfredo Rossi ha presentato il suo nuovo volume, Il Cinema di Elio Petri, in cui torna ad analizzare l’opera del grande regista, a cui Porretta Cinema dedica un Premio da quattro anni.
Nel raccontare di questo suo nuovo lavoro, Alfredo Rossi ha dichiarato che si tratta di un approfondimento sugli ultimi anni della filmografia di Elio Petri. Anni in cui il regista sembrava quasi ossessionato dalla volontà di esplorare tematiche come quella sessuale, legate all’omosessualità o la complessità dei rapporti tra Paese e servizi segreti di quegli anni.
Un’opera che, come l’autore stesso ha raccontato, è scritta per un amico perduto, di cui non si cerca la “cifra nel tappeto” dal punto di vista critico, ma di quello di un rapporto con una persona a cui si è voluto bene e che non c’è più. C’è più di me in questo libro che di Petri.
Cercando di approfondire il personaggio Petri, Alfredo Rossi fa un parallelo con la figura di Pier Paolo Pasolini, andando a rimarcare la sua volontà di omaggiare sia il centenario pasoliniano che il quarantennale (secondo lui, passato in sordina anche per questa ricorrenza concomitante) dalla morte di Elio Petri. Ne esce fuori un rapporto di stima reciproca, nata dal fatto che entrambi gli autori si erano dedicati, negli ultimi anni della loro vita, ad una denuncia dell’operato dei Servizi segreti italiani.
Si racconta di come, inizialmente, Pier Paolo Pasolini fosse interessato a svolgere una trasposizione cinematografica di Todo Modo proprio per questi motivi. E di come successivamente Elio Petri abbia seguito in un certo modo la stessa linea di pensiero di Pasolini, andando ad inquadrare il suo film come una sorta di processo politico alla DC.
Rispondendo alle domande del pubblico, Alfredo Rossi ha sottolineato come questo titolo sia a suo giudizio tra i capisaldi del cinema di Elio Petri, insieme a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, che considera il capolavoro assoluto della filmografia petriana.
(La foto di copertina è gentilmente concessa da Alessandro Guatti)