Dirigere un’orchestra tuttora è una faccenda molto maschile. Gli anni duemila hanno aperto qualche spazio in più, ma la stragrande maggioranza dei podi è sempre saldamente in mano agli uomini. Marin Alsop, una pioniera in questa faticosa conquista di uno dei ruoli più smaccatamente maschilisti, ci racconta la sua storia in questo documentario di Bernadette WegensteinThe Conductor, che la vede protagonista. Americana, nasce violinista ma ben presto capisce che il suo destino è la direzione. Così nel 1980, aveva allora ventiquattro anni, chiede di essere ammessa alle classi di direzione d’orchestra della Julliard School di New York, la più prestigiosa tra le istituzioni musicali americane destinate all’insegnamento. La risposta è no, senza valide motivazioni. In quegli anni la figura del direttore era circonfusa da un’aura di semidivinità. Herbert von Karajian ne era il modello, un kaiser dai poteri illimitati la cui immagine di bello e impossibile imperava sulle copertine dei dischi, capelli argentati sempre in piega e sguardo che incenerisce. Un po’ meno dispotico ma altrettanto bello era Leonard Bernstein, il volto umano della direzione, sempre aperto a iniziative che potessero avvicinare ogni genere di pubblico al mondo della musica classica. Sarà proprio lui, non meno potente e carismatico di Karajan, ad aiutare Marin nella sua mission impossible. Bernstein segue virtualmente Marin durante tutto il film, con i suoi consigli, le sue considerazioni e la sua idea che la musica debba arrivare a tutti.

Non è chiaro perché le donne dovessero essere escluse dalla direzione, ma non stupisce se si pensa che fino alla fine degli anni Novanta i Wiener Philharmoniker, orchestra autogestita di enorme qualità e prestigio internazionale, ammettevano solo maschi tra i loro ranghi. Fu una legge europea sulle pari opportunità a obbligarli ad assumerle tramite audizioni “alla cieca”: i candidati suonavano non visti dietro un paravento, in modo da essere scelti in base alle loro effettive qualità, indipendentemente dal loro sesso.  Qualche anno prima ci fu una rivolta dei Berliner Philharmoniker proprio contro von Karajan perché si era permesso di assumere una clarinettista, Sabine Meyer, prima donna a entrare in orchestra. In buona sostanza le donne erano accettabili solo come cantanti o se erano geni assoluti con carriere da soliste. L’idea era che le donne portassero scompiglio e creassero difficoltà alle orchestre con la loro instabilità, ad esempio se si permettevano il lusso di mettere al mondo dei figli. Resta nella memoria di tutti gli appassionati l’immagine di una delle prime grandi direttrici d’orchestra, Emmanuelle Haïm, sul podio con il suo pancione da gravidanza avanzata. Ma Haïm la sua orchestra se l’era fondata da zero.

Anche Alsop iniziò fondando un’orchestra. Dopo il rifiuto della Julliard creò una band swing composta da sole donne. In seguito un finanziere (aveva suonato al suo matrimonio) credette in lei e le finanziò un’orchestra, la Concordia. Da lì poté realizzare il futuro che aveva immaginato per sé. Ora Marin è direttrice stabile a San Paolo del Brasile, ha diretto in America ed è stata invitata in Europa nelle sale da concerto più prestigiose. È anche insegnante. Alcune delle sequenze più riuscite di The Conductor ce la mostrano mentre insegna la gestualità alle sue allieve, pratica ed efficace. Ne vediamo il lato umano, la sensibilità, la concretezza, la capacità di comunicare con i suoi orchestrali in modo chiaro tramite esemplificazioni che è impossibile non comprendere al volo.

The Conductor è un buon documentario e viene al momento giusto. Ci presenta una persona ricca di comunicativa, rigorosa, autorevole pur nel rispetto di chi lavora con lei. Marin Alsop ha lavorato non solo per sé, ma per tante altre ragazze come lei che stanno dimostrando di potercela fare alla grande, anche in Europa, anche in Italia dove vediamo una manciata di ottime musiciste in ruoli di grande responsabilità. Sono ancora una minoranza, benché splendida, ma l’impressione è che gli argini si stiano finalmente frantumando.

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