Un filo molto stretto lega il grande jazz, quello degli anni Trenta, con la Turchia.  In quegli anni il jazz, invenzione puramente afroamericana, dilagava in tutto il paese in un periodo in cui negli Stati Uniti la segregazione razziale era feroce. Il mondo era diviso in due e quello dei neri era a parte, passava dalla porta sul retro.  Le porte vengono spesso ricordate in questo documentario del regista turco Ümran Safter, compresa quella che c‘è nel titolo, Leave the Door Open, una porta lasciata aperta per far uscire il suono che proveniva dalla casa dell’ambasciatore turco a Washington.

Il suo nome era Münir Ertegün, uomo cosmopolita e lungimirante. Fu sua l’idea di organizzare concerti jazz dentro la sua casa, che poi divenne la sede dell’Ambasciata Turca a Washington. Invitava tutti i più grandi jazzisti dell’epoca facendoli entrare dalla porta principale, scelta ai tempi scandalosa e fortemente criticata dall’establishment wasp. I suoi due figli, cresciuti in questo fantastico ambiente, continuarono a coltivare la passione e uno di loro, Ahmet  Ertegün fonderà nel 1947 la casa discografica Atlantic, dapprima etichetta indipendente poi colosso della musica rock, pop e jazz.

Il documentario ha un gran ritmo, e non potrebbe essere diversamente, sostenuto da una colonna sonora formidabile che cessa solo durante le brevi interviste a storici e musicologi. I brani swing delle grandi band degli anni Trenta si susseguono come sottofondo o attraverso i filmati storici. Compaiono tutti i padri fondatori del genere: Duke Ellington, Cab Calloway, Ella Fitzgerald, Louis Armstrong insieme alle piccole band dei club, quei geni polivalenti che cantavano bene, danzavano meglio e suonavano come dei. Tutta la forza e l’energia del jazz afroamericano è forse il lascito più importante che gli Stati Uniti hanno portato alla musica del Novecento, di qualunque genere essa sia. Il concetto di swing è entrato anche nella musica “colta”, inteso come capacità di seguire il ritmo con naturalezza, senza soffocarlo tra le trame dell’armonia.

Alcune clip dell’epoca sono impagabili: Take the A Train in una stazione della metropolitana, la giovane Ella Fitzgerald che canta su un autobus con cappello e soprabitino andando su e giù tra i sedili, una ripresa di Cab Calloway in concerto a Londra, strepitosa. Gli interventi degli esperti sono puntuali e sintetici, e si soffermano soprattutto sui problemi legati alla segregazione razziale. E la storia di questa strana famiglia turca si compone un po’ alla volta, a mostrare come dalla passione e dal rispetto possa nascere qualcosa di storico e, perché no, anche un grande business. Siamo pur sempre in America.

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