“Non mi dimenticherò mai il giorno in cui è sparito quell’aereo. Sarei potuta esserci io sopra”

È il 1996 quando le Yellowjackets, una promettente squadra di calcio, salgono sull’aereo che le porterà al torneo nazionale a Seattle. Il loro liceo, il Wiskayok High School, spera di vederle tornare presto con un trofeo ma in realtà quell’aereo non arriverà mai a destinazione. È precipitato nel mezzo delle foreste canadesi e le ragazze sopravvissute all’impatto capiscono presto che non c’è modo di contattare i soccorsi. Possono solo aspettare e sperare che qualcuno riesca miracolosamente a trovarle. Il cibo scarseggia, le ferite causate dall’incidente non guariscono ma soprattutto non si spengono le rivalità che già minacciavano da tempo i rapporti nella squadra.

È il 2021 e di quei sedici lunghi mesi che separano le Yellowjackets dalla loro salvezza non si sa quasi nulla se non pochissimi frammenti e i traumi che le sopravvissute si portano ancora oggi sulle spalle. Voci subdole ma incerte parlano di cannibalismo, di culti e sacrifici, ma chi conosce la verità non sembra intenzionato a rivelarla. Un giorno una delle sopravvissute, Shauna (Sophie Nélisse da teenager e Melanie Lynskey da adulta), viene contattata dalla giornalista Jessica Roberts, evidentemente alla ricerca di scoop. Quella continua curiosità sembra cominciare a minacciare anche la campagna di Taissa (Jasmin Savoy Brown e Tawny Cypress) per diventare senatrice e la fuga dal rehab di Natalie (Sophie Thatcher e Juliette Lewis). Nell’agitazione si trovano costrette a rivolgersi anche alla bizzarra Misty (Sammy Hanratty e Christina Ricci), messa in disparte dal resto del gruppo fin dai tempi del liceo per i suoi comportamenti erratici.

Yellowjackets, serie di Ashley Lyle e Bart Nickerson per Showtime e distribuita in Italia su Sky Atlantic, assomiglia sulla carta a molte serie nate, prendendo come esempio e inseguendo il successo di Lost, che vedono un disastro (aereo in questo caso) come origine della loro narrazione. È facile capire il motivo della sua attrattiva: questo evento sradica i personaggi dal loro habitat naturale, problematizza le loro dinamiche se si conoscono in precedenza o li costringe a crearle se sono sconosciuti. Il fatto di ricondurlo al mondo dei teenager, come fa Yellowjackets in una delle sue due linee narrative, significa solamente riportarlo alla sua vera origine: Il signore delle mosche di William Golding. Nel 2020 The Wilds di Sarah Streicher (distribuita in tutto il mondo su Prime Video) aveva già provato ad offrirne una versione completamente al femminile, mostrando le vite di un gruppo di teenager prima e dopo un incidente aereo, che tuttavia era tutto fuorché causale, essendo parte di un complesso esperimento sociale.

La particolarità e il motivo della riuscita di Yellowjackets, invece, risiede invece nel suo essere profondamente reale. Non ci sono istanze soprannaturali o forze esterne a causare la tragedia, succede e basta. Nonostante la serie si diverta in diverse istanze a mostrare al pubblico dei flash di quanto accaduto in passato – tracce insanguinate e un cadavere ad esempio- ad per incuriosire e permettere un efficace passaparola grazie alle numerose teorie, non vuole mai sensazionalizzare la tragedia di cui son state vittime le sue protagoniste. Ogni sviluppo della storia è già tristemente determinato e anche le risposte, fornite verso il finale e che comunque tengono le porte aperte per una seconda stagione già confermata, non culminano mai in colpi di scena sconvolgenti. Yellowjackets trova la sua tragedia nella normalità, nel crudele destino e nel modo in cui il trauma si prende possesso delle vite delle sue protagoniste.

Le Yellowjackets possono apparire all’inizio come dei semplici tropi dei film adolescenziali: Shauna è la ragazza studiosa, Jackie (Ella Purnell) la classica queen bee, Natalie la ribelle e Misty un outcast da cui stare lontani. Il fatto di inserirle nel contesto del disastro aereo permette di spogliarle di eventuali preconcetti e di vederle attraverso la lente dei loro rapporti interpersonali. A tale scopo è utile anche il salto avanti nel tempo: vedere un’evoluzione, in un certo senso, compiuta dei loro personaggi aiuta a completare il quadro, a capire quello che erano e quello che son state costrette a diventare. Ad elevare un già eccellente lavoro sui personaggi è il cast, composto nella parte al passato da volti quasi del tutto sconosciuti (i più noti son Liv Henson e Jasmine Savoy Brown, che hanno partecipato rispettivamente a Santa Clarita Diet e The Leftovers) e nella parte al presente da un gruppo di attrici cult degli anni ’90, che attraverso Yellowjackets riescono a prendersi la loro rivincita.

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