Jon sta per compiere trent’anni e pensa che il mondo stia per finire. Tra appena una settimana, la sua età sarà sintomo di fallimento, di tutti gli obiettivi che non ha fatto in tempo a raggiungere. A trent’anni Napoleone aveva già scoperto le Americhe e Stephen Sondheim aveva già scritto West Side Story. Jon ha un’unica opportunità per cambiare per sempre la sua vita, prima che il tempo possa scadere: può presentare Superbia, il musical su cui lavora da otto anni, davanti ai più grandi produttori di tutta Broadway. Nel mentre lavora come cameriere al Moondance Diner, prova ad avere una relazione con una ballerina e a non litigare con il suo migliore amico, nonostante le loro visioni diverse della vita.

Fin dall’inizio di Tick, Tick… Boom!, adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Jonathan Larson, si capisce che Jon non è un personaggio di finzione. È la storia (con le dovute licenze poetiche) del suo autore, un promettente compositore e drammaturgo che ha paura di non potersi più definire tale, sullo sfondo di una New York morente. È anche una storia, la cui fine esce proprio per questo dagli stessi confini di Tick, Tick…Boom!: Jonathan Larson non riuscì mai a produrre il suo equivalente di Superbia, ma firmò Rent, uno dei musical più importanti nella storia di Broadway, capace di riscrivere le regole riguardanti quello che poteva essere rappresentato sul palcoscenico. Jonathan Larson però non lo vide mai rappresentato sul palcoscenico, poiché morì nel gennaio del 1996, a soli 35 anni, il giorno prima della première Off-Broadway di Rent.

tick boom garfield recensione

Nell’adattare Tick, Tick… Boom!, il regista Lin-Manuel Miranda (autore di Hamilton e In The Heights) e lo sceneggiatore Stephen Levenson (Dear Evan Hansen) scelgono quindi di interpretare Jon-personaggio e Jonathan Larson-autore come un’entità unica, trasformando il testo originale in un sentito omaggio a una delle figure più importanti della storia di Broadway e all’importanza stessa di quella forma d’arte, come strumento di unione e comprensione umana. Tick, Tick… Boom! non è tuttavia il tipico musical a cui il pubblico è abituato. Non ha scenografie sfarzose o giganteschi numeri di ensemble come Chicago o West Side Story: nato come un semplice monologo e trasformatosi solo in un secondo momento in uno spettacolo a tre voci, Tick, Tick…Boom! assomiglia di più a un diario grezzo, pieno di errori, correzioni, disegni a bordo pagina e parole inventate. È una storia che nasce contro il tempo, dettata dall’urgenza di sfogare tutte le proprie paure e ansie, e proprio per questo trova nella sregolatezza mescolata a rari momenti di epifania la sua forza.

A interpretare Jonathan Larson, in un cast composto quasi esclusivamente da attori provenienti dal mondo del musical, è Andrew Garfield. Vincitore di un Tony Award (i premi più importanti per quanto riguarda il mondo teatrale negli Stati Uniti) per il suo ruolo in Angels in America, non ha tuttavia mai avuto vere esperienze canore prima di Tick, Tick… Boom!. Sia la natura dell’opera che la lunga fase preparatoria con la vocal coach Liz Caplan permettono però a Garfield di far diventare le canzoni un’estensione della sua performance attoriale. Se una canzone sostituisce quello che in un altro film sarebbe un monologo struggente, Tick, Tick… Boom! riesce a non sottrarre mai alla narrazione l’intensità necessaria.

Lin-Manuel Miranda compie anche un lavoro di smussamento del testo originale, tagliando alcune canzoni (tra cui Green Dress, diventata comunque presto virale su TikTok) per approfondire il contesto culturale e storico in cui è immerso il suo protagonista. È l’inizio degli anni ’90 e New York è tappezzata dai poster del progetto Silence=Death, creato dal collettivo composto da Avram Finkelstein, Brian Howard, Oliver Johnston, Charles Kreloff, Chris Lione e Jorce Soccarás e nato nel 1987 per combattere l’indifferenza all’AIDS che in quel momento stava silenziosamente uccidendo un’intera generazione. Davanti a questi poster, Jon si ferma e scrive sul suo taccuino “Why does it take a disaster for things to change?”, Perché è necessario un disastro perché cambino le cose?. Sono anni che hanno trasformato New York in un campo di battaglia, tra la rabbia di chi subisce e la fermezza di chi ignora o permette quei mali. Sono tematiche che il vero Jonathan Larson tratterà in Rent qualche anno dopo, portando sul palco l’AIDS, le lotte della comunità LGTBQ+, la tossicodipendenza e le difficoltà della sua generazione.

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Jon prova in questo periodo a vivere comunque i suoi Boho Days, trovando la poesia nella sua precaria condizione abitativa, nel viavai di lavori e nella mancata realizzazione dei suoi sogni. Quando finalmente si guarda attorno, si rende conto che non è una situazione condivisa e che tutti i suoi amici o meglio compagni di viaggio hanno abbandonato la nave in nome di qualcosa di migliore. Accusa Michael (Robin De Jesus), il suo migliore amico, di essere venduto solo perché è stato capace di trovare un lavoro remunerativo e un vero appartamento. La fidanzata Susan (Alexandra Shipp) lo lascia per la sua svogliatezza e la conseguente mancanza di sicurezze. In questo frangente però Lin-Manuel Miranda non coglie l’opportunità per presentare il suo protagonista sotto una lente critica, preferendo oscurare i problemi da lui causati (Susan, ad esempio, sparisce a un certo punto della storia) e ponendolo al centro di dinamiche sociali e storiche che lo riguardano solo marginalmente.

Tick, Tick… Boom! è una matrioska che pian piano svela tutti i suoi livelli di lettura: un musical, un’autobiografia, un coming of age in ritardo sui tempi classici, la storia di una disillusione, una corsa claustrofobica prima che la vita finisca. Il ticchettio che da il titolo al film incarna il suo ritmo frenetico, travolgente, che solo raramente prende il tempo per respirare. Ad Andrew Garfield spetta il compito di tenere uniti questi numerosi fili, regalando un’interpretazione che sicuramente, dopo la vittoria ai Golden Globes, lo vedrà nominato agli Oscar 2022.

Tick, tick… Boom! è disponibile su Netflix.

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