Non è usuale che le donne riescano ad ottenere un adeguato spazio nel mondo del cinema. Soprattutto se si tratta di quello italiano. Qualcosa sembra stia cambiando. Se già in estate avevamo avuto qualche barlume di speranza con La bella estate di Laura Luchetti e con il Come pecore in mezzo ai lupi di Lyda Patitucci e stiamo ancora vivendo gli strascichi dell’autunno caldo di C’è ancora domani di Paola Cortellesi, a riscaldare il nostro inverno è Maria Sole Tognazzi con il suo ultimo film, Dieci minuti, in sala dal 25 gennaio, grazie a Vision Distribution (che lo produce anche, insieme a Indiana Production.

La trama

Bianca (Barbara Ronchi) sembra accumulare punti sfiga: si è appena separata dal marito Niccolò (Alessandro Tedeschi), che l’ha lasciata con la vivida e fisica sensazione di cosa significhi avere il cuore spezzato; il direttore della rivista per cui curava delle rubriche al femminile la licenzia; un incidente in macchina e un tentato suicidio la hanno lasciata con le pesanti conseguenze di un esaurimento nervoso non ancora risolto.

Con i genitori che vivono a Palermo e la sua vita che vuole continuare a Roma, vicino a Bianca ci sono solo due donne. Una è Jasmine (Fotinì Peluso), giovane incontrata mentre era ricoverata e con la quale custodisce un segreto: è sua sorella, nata da una relazione extraconiugale del padre. La relazione tra le due nascerà in un momento estremamente delicato. Ma la grinta e tenacia di Jasmine serviranno a Bianca a trovare la direzione verso una leggerezza che non le era mai appartenuta prima.

L’altra è la Dottoressa Brabanti (Margherita Buy), la terapeuta che le è stata assegnata dopo le dimissioni dall’ospedale. Burbera. Apparentemente incapace di empatia con la paziente. Che le impone una terapia speciale e sperimentale. Bianca dovrà prendersi Dieci minuti ogni giorno, per se stessa. Durante i quali fare ogni volta qualcosa che non ha mai fatto, vivere esperienze finora mai vissute. E scontrarsi con loro. Anche se le fanno paura, anche se proverà schifo alla sola idea.

Dieci minuti film recensione
Barbara Ronchi e Fotinì Peluso in Dieci minuti (ph. Luisa Carcavale)

Inizia per Bianca un percorso dentro se stessa. In cui dovrà imparare a guardarsi da fuori. Ad imparare a far fronte ai propri egoismi ed egocentrismi, guardando chi la circonda. Quei Dieci minuti le insegneranno a fronteggiare non solo le sue ansie e il suo auto-isolamento emotivo. Ma anche (o soprattutto) a non rinnegare e rigettare quella che potrebbero essere le più forte armi a suo vantaggio: le sue debolezze.

La nostra recensione

Ispirandosi al romanzo, edito da Feltrinelli, Per dieci minuti, di Chiara Gamberale, nel film Dieci minuti la regista Maria Sole Tognazzi chiama con sé Francesca Archibugi per scrivere a quattro mani il suo adattamento cinematografico. Due sensibilità affini e diverse allo stesso tempo che, in una fluida miscellanea di tensione e introspezione, offrono al film la potenza di un messaggio fin troppo sottovalutato: la forza delle donne sta nella loro capacità di esaltare le proprie fragilità.

In una società in cui ancora è radicata la visione della donna come madre, cuoca e in costante ambizione di odor di santità, Bianca è una donna che sa di non farcela. Si lascia abbattere dalla mancanza di aria che è dettata dal suo non aver trovato ancora uno spazio. Si sente una bambina sgridata di fronte ai tentativi della sua terapeuta di smuoverla dall’apatia che l’ha pervasa per anni e in ogni sua azione, tanto da portarla a costruire un muro tra se stessa e gli altri, che non riesce a capire e da cui riesce solo a trarre sofferenza.

Dieci minuti film recensione
Barbara Ronchi in Dieci minuti (ph. Luisa Carcavale)

Elemento di forza innegabile di Dieci minuti è il coraggio di urlare al mondo la propria determinazione a non voler nascondere le proprie debolezze né a voler rinunciare alle proprie fragilità. Non è in un farmaco che Bianca potrà trovare la forza per rialzarsi. Non è in un uomo che potrà riporre le proprie speranze. Anzi, le donne di Dieci minuti hanno tutte la grande consapevolezza non di non aver bisogno di avere un uomo al proprio fianco. Ma di non poter contare su di loro per capire chi siano davvero e quale debba essere il loro destino.

Con una a volte ardita gestione della dimensione temporale, Maria Sole Tognazzi non cerca nella perfezione dell’inquadratura (che, a volte, lascia volutamente che vada fuori fuoco) o nella consolatoria chiarezza narrativa il punto di forza del proprio film. Ma punta tutto sulla sublimazione di quanto siano belle le debolezze delle sue protagoniste.

Lo fa avvalendosi di un poker d’assi di attrici. Con una Barbara Ronchi in grazia interpretativa. Capace di caricare di intensità un sorriso come uno sguardo perso nell’incertezza della via che la sua Bianca potrà percorrere. Lo fa con una Fotinì Peluso sempre più (a ragione) volto imprescindibile del nuovo cinema italiano. Capace di portare sullo schermo tutta la grintosa fragilità delle nuove generazioni. Lo fa con una Margherita Buy che deve gestire un personaggio di una spietatezza che non le avevamo ancora mai visto indossare nei precedenti ruoli. Ma capace di scaldarci il cuore quando ci confessa che anche lei vive nel terrore di dover preparare una cena per amici.

Dieci minuti film recensione

Lo fa lasciandosi cullare dal silenzio e apparente inconsapevolezza del personaggio della madre di Bianca, interpretata con la necessaria pacatezza di una donna che da di non poter sapere ma deve andare avanti da una bravissima Anna Ferruzzo.

Ma in Dieci minuti , costruendo tutto al femminile il suo film di donne che non parlano agli uomini, perché avrebbero solo improperi da pronunciare, Maria Sole Tognazzi si concede anche un jolly. Quello di un cameo di Barbara Chicchiarelli, chiamata a impersonare proprio quel personaggio di donna e madre pronta al sacrificio che molti vorrebbero ancora vedere, in scena come nella vita. Ma che nel suo sapere di avere un figlio la porta a vivere nella consapevolezza di doverlo educare al rispetto delle sue fragilità, per poter imparare da quelle femminili.

Dieci minuti è uno di quei film che non rendono possibile una differenziazione di genere. Sa essere drammatico e commedia allo stesso tempo. In entrambi i casi fino alle lacrime. Di sicuro, sa dirci che le donne sappiano, debbano, raccontare le donne. Riuscendo a rendere il loro mistero comprensibile anche agli uomini. Senza però interessarsi molto del loro parere. Finché anche loro non sapranno mostrarsi fortemente fragili come le donne hanno imparato a essere.

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