C’era grande attesa al 40° Torino Film Festival per il nuovo film di Marco D’amore, Napoli Magica, realizzato da Sky in collaborazione con Vision e Prime Video. Purtroppo, l’opera si è rivelata un’altra goccia nel mare dell’affabulazione su Napoli. Ci hanno provato e ci provano in tanti, insider o outsider che siano, ma il miracolo non è alla portata di tutti.

Marco D’Amore, ideatore, regista, sceneggiatore e protagonista di questo docufilm, sceglie il punto di vista della magia intesa in tutte le sue accezioni, quella astratta legata al fascino della città, e quella più specifica legata al soprannaturale che però a Napoli diventa vita di tutti i giorni. Lo spunto è interessante ma terribile, dare un corpo al magico è una palese contraddizione, benché intrigante.

TFF40 Napoli magica recensione
day 13

Vediamo Marco D’Amore in giro per i vicoli a intervistare chi ci vive, ottenendo vaghe risposte. Del resto si sa che i maghi sono restii a svelare i propri trucchi, e se i maghi di Napoli, come probabile, sono proprio i napoletani, interrogarli è tempo perso. Questo però permette un giro turistico nei quartieri più pittoreschi, come da protocollo. Poi si passa alla divulgazione con il mito di Partenope, la sirena fondatrice della città e l’uovo magico che sostiene il Castel dell’Ovo, da cui è un attimo passare a Virgilio che a Napoli faceva il mago, in un contorno da visita turistica con la guida che si trascina il gruppo. I fantasmi vivono ovunque, come da testimonianza di alcune signore che vivono nei bassi, per proseguire poi nella città sotterranea con cui non si sbaglia mai.

Capuzzelle, Cimitero delle Fontanelle e conseguente legame indissolubile tra morte e vita seguono a ruota. Un colpo d’ala viene dal bozzetto su Raimondo di Sangro settimo Principe di Sansevero, costruttore della Cappella Sansevero, uno dei luoghi simbolo dei misteri di Napoli. Il principe in corazza chiede l’aiuto di Marco D’Amore per difendere la sua creatura, che comprende tra l’altro l’ineffabile Cristo Velato, dall’assalto degli invasori che alla fine avranno il sopravvento: sono i turisti che assediano con pervicacia le porte della cappella, dopo ore di coda. Verso la fine la fiction prevale sul documentario con l’inserimento di personaggi funzionali alla narrazione, come i due polverosi archivisti, pedanti ed eruditi che permettono di introdurre la sontuosa biblioteca dei Girolamini, o Partenope reincarnata che seduce D’Amore e lo trascina tra i flutti.

Una colonna sonora ben scelta accompagna tutto il film, ma non è sufficiente a tenere alto l’interesse per questo progetto interessante ma inconcluso. Rivediamo una Napoli illustrata che poco aggiunge alla comprensione di questa formidabile città che quanto più si racconta, tanto più sfugge, come se la rappresentazione di sé fosse uno scudo costruito apposta per difenderne l’intima essenza. I tanti personaggi, che siano attori o persone prese dalla strada, sono privi di quella spontaneità, talento e velocità di pensiero che costituiscono uno dei tanti fascini di questo intero mondo compresso nei confini di un territorio troppo più stretto della sua storia e della sua cultura. Infatti da secoli sciaborda con una continua elargizione di acume e bellezza, che sfugge a ogni classificazione, anche a quella di una simpatica guida turistica del luogo armata di cinepresa.

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