Dopo l’anteprima internazionale e la vittoria del Gran Premio della Giuria al Seattle International Film Festival, Le voci sole, primo lungometraggio del duo artistico Andrea Brusa e Marco Scotuzzi, ha avuto oggi la sua anteprima italiana al Taormina Film Fest, preludio dell’uscita in sala con Medusa dal 4 luglio.

Un film che ha avuto un complesso processo di realizzazione. Come racconta Andrea Italia , che con la sua Nieminen Film aveva già prodotto tutti i pluripremiati cortometraggi di Brusa e Scotuzzi:

Le Voci Sole ha rappresentato una grande sfida narrativa e produttiva per tutti noi. Conosco Andrea Brusa e
Marco Scotuzzi molto bene avendo prodotto tutti i loro cortometraggi, progetti che hanno sempre trovato una
strada originale per arrivare all’essenza delle storie, con uno stile molto schiacciato sul reale, al confine tra
finzione e documentario. […] Iniziamo a strutturare il film quando la pandemia non è ancora realtà, coinvolgiamo la stessa squadra che ha lavorato a tutti i progetti di Andrea e Marco. Si unisce anche Giovanni Storti, già protagonista del loro corto “Magic Alps” (selezionato al prestigioso Clermont-Ferrand Short International Film Festival, NdR), entusiasta della sceneggiatura, insieme a lui scegliamo il resto del cast, sia Alessandra Faiella che Davide Calgaro avevano già lavorato con lui e per noi era importante in una produzione così complessa che ci fosse un cast già affiatato, in grado nei pochi giorni di trovare rapidamente quell’intesa e quella chimica fondamentali per mettere in scena la famiglia protagonista.
Tutto è pronto, stiamo per girare ma è marzo 2020. Scoppia la pandemia e le riprese del film vengono posticipate a giugno, che diventa luglio, che diventa settembre. Poi ottobre. Sembra che tutto sia alle spalle
ormai, in un attimo però Milano diventa l’epicentro della seconda ondata. Coprifuoco, autocertificazioni, crew
limitata in ogni appartamento. Seguiamo ossessivamente ogni precauzione possibile immaginabile.
Al terzo giorno un membro della squadra risulta positivo.
Il set si chiude. Finiamo tutti in quarantena. Le riprese rinviate a data da destinarsi, che per un film indipendente come questo nella stragrande maggioranza dei casi significa il naufragio inevitabile del progetto.
Ci sentiamo come i nostri personaggi. Isolati, soli, impotenti contro forze invisibili che si divertono a colpirci alle spalle.
In quei due giorni di ripresa però, capiamo che c’è qualcosa di molto interessante che abbiamo portato a casa.
Le voci di quei protagonisti, quel mondo, i loro destini. Restiamo in contatto da remoto e ci concentriamo sul
lavoro, esploriamo ancora di più la storia. Riscriviamo le scene mancanti, inseriamo il virus come sfondo visto
l’impatto così grande che ha avuto sulla produzione e su tutti noi.
Passano mesi. Lunghissimi.
Poi il set riparte, solo grazie al sacrificio di tutti. L’interruzione è stata una gran bella botta. Gli ostacoli e i limiti
sono più di prima ma insieme riusciamo a trasformarli in opportunità.

Un’opportunità quella di portare sul grande schermo Le voci sole che Andrea Brusa e Marco Scotuzzi sono riusciti a realizzare pienamente, in momento ancora complesso per il mondo della produzione cinematografica. Soprattutto se, come in questo caso, si tratta di film indipendenti di due giovani autori. Registi pienamente noti con i loro precedenti lavori nel settore del cortometraggio, ma ancora esordienti nel panorama del lungometraggio. Due registi che, tuttavia, sembrano aver affrontato questa loro prima prova con quella stessa grinta, tenacia e sagace ironia che da sempre li contraddistingue.

La trama e il sodalizio con Giovanni Storti

Le voci sole, seppur con ironia e un tocco di pungente voglia di denuncia, ha in sé diversi filoni narrativi, dettati (e adattati) all’esigenza di raccontare attraverso il protagonista, Giovanni, più dinamiche sociali al tempo stesso. In una fase iniziale, i personaggi li conosciamo attraverso le loro voci al telefono. A causa della pandemia e della chiusura della fabbrica in cui lavorava, Giovanni è costretto ad emigrare in Polonia, dove, grazie ad un annuncio su internet, il figlio gli trova lavoro come gruista in un’acciaieria. La moglie Rita è preoccupata: all’idea di saperlo solo a così tanti chilometri di distanza; per il fatto di non essere certa che sappia cavarsela in un contesto così diverso da lui; per la paura della solitudine che lei stessa si troverà ad affrontare. Le videochiamate, i vocali su whatsapp, i messaggi scritti anche in piena notte diventeranno il loro nuovo linguaggio familiare.

Quasi per gioco e per l’esigenza di permettere a Giovanni di seguire passo passo la ricetta per potersi preparare da solo un piatto di spaghetti al sugo, il figlio registra la video chiamata in cui la madre detta le istruzioni al padre. Ne esce un’esilarante scenetta, fatta di rimbrotti da parte di lei al marito, che non mette sufficiente amore e sudore nella preparazione del piatto. Il video viene caricato su internet. E in poco tempo diventa virale. L’inaspettata fortuna – accolta da Rita quasi come un momento di rivalsa sociale – e la brama di quel successo facile ottenuto in poche ore e con poco sforzo, porteranno la famiglia a sconvolgere le proprie abitudini, alla rincorsa di sempre più like e di sponsor che finanzino il loro spasmodico pubblicare momenti di vita familiare.

Le voci sole anteprima Brusa Scotuzzi

Nel mentre, il virus arriva anche in Polonia, colpisce la fabbrica e Giovanni è costretto a fare sempre più straordinari. La sua stanchezza non servirà a fermare il loop digitale che sembra essersi impossessato di Rita. La registrazione dei video inizia a seguire prestabiliti copioni; le sponsorizzazioni diventano sempre più invadenti. Ma il web chiede sempre più a gran voce di condividere altri momenti di Rita e Giovanni, che diventano personaggi celebri. Questo inorgoglisce Rita. Mentre Giovanni finisce per mal sopportare il fatto che dei momenti intimi siano stati messi alla mercé di un pubblico che non li conosce. Ma li giudica. E così, si troverà a leggere i commenti delle voci sole: haters, che lasciano le proprie offese gratuite, ricche di insensata rabbia, che iniziano ad intasare le bacheche del profilo di Rita e Giovanni. E sono tutte contro di lui, dipingendo un qualcuno da cui lui non si sente più rappresentato. E non bastano le rassicurazioni di Rita. Perché quelle voci saranno sole. Ma gridano forte. E ce l’hanno con me.

Nel raccontare la sua partecipazione al film nel ruolo del protagonista, Giovanni Storti ha dichiarato:

Ho scelto di partecipare a questo progetto perché mi fido molto di Andrea e Marco, con i quali ho lavorato al
corto “Magic Alps”, una storia vera e molto forte.
Quando mi hanno proposto questo lungometraggio ho detto sì, perché è una idea originale che mi è piaciuta
subito, ancora una volta una storia vera a forte. Oltre all’idea, mi ha convinto il modo in cui pensavano di
girarla.
I temi sono molto interessanti e attuali e sono quelli che mi hanno fatto scegliere di fare questo film. E’ la storia di una famiglia che vive con lo stipendio del padre, che si trasferisce con l’azienda in Polonia, per non perdere il lavoro. Un tema attuale sulla delocalizzazione delle aziende e sui salari minimi che non danno la possibilità ai lavoratori di lavorare nel loro paese.
In questa storia la moglie rimasta in Italia è preoccupata per la lontananza ma anche per la salute del marito,
soprattutto ha paura che mangi poco e male così gli detta delle ricette in videochiamata. Con l’aiuto del figlio –
e contro le reticenze del padre, i video vengono pubblicati sul web. E qui la svolta: il web diventa l’occasione
che dà notorietà e denaro. Ma con il rischio di perdere tutto, e venire anzi derisi, se le cose non vanno per il
verso giusto. Qui il secondo tema centrale: i social come arma a doppio taglio, e piuttosto pericolosa.
Questo è il mio primo ruolo drammatico per un lungometraggio e mi piace molto, anzi spero che anche altri mi propongano dei ruoli seri. Certo, io ci vorrei mettere dentro sempre qualcosa di buffo e ho tentato anche
questa volta di farlo, anche se – giustamente – ogni tanto Andrea e Marco mi hanno un po’ tarpato le ali per
mantenere la coerenza del loro stile.

Andrea Brusa e Marco Scotuzzi con Le voci sole non hanno solo il merito di averci dimostrato quanta profondità ci possa essere nel permettere ad un volto iconico della comicità italiana come Giovanni Storti di mettersi prova con il suo primo ruolo drammatico. Ma anche quello di riuscire a rappresentare un cinema coraggioso, attento alla società che ci circonda, ma sempre con uno sguardo attento al non sottovalutare il valore del pubblico a cui presenteranno la loro opera. In questo loro primo lungometraggio, ad esempio, Brusa e Scotuzzi non ammiccano allo spettatore; non cercano a tutti i costi di portarlo a simpatizzare o patteggiare per i protagonisti. Anzi, più volte sono loro stessi a palesare il disprezzo che provano verso alcuni loro atteggiamenti. Ma lo fanno lasciando che sia chi guarda da fuori la loro opera ad emettere eventuali giudizi o sentenze. Sapendo, forse, che l’odio su internet o sui social acchiappi più like. Ma che chi fa cinema lo debba fare senza dimenticare che non lo faccia per se stesso, ma per offrire e condividere il proprio sguardo con chi lo fruisce.

Le voci sole anteprima Brusa Scotuzzi
Andrea Brusa e Marco Scotuzzi, registi di Le voci sole

Non stentiamo a credere che questo sia un insegnamento che i due registi hanno maturato nel corso della loro lunga carriera nel cortometraggio. In cui si sono dovuti relazionare prima agli spesso intransigenti gusti dei comitati di selezione dei festival, passando per le di difficile previsione giudizi delle giurie per arrivare a quelli che sanno essere spietati pareri dell’attento pubblico in sala. Se, quindi, come spesso di dice, il cortometraggio è una scuola per comprendere come (e se si sia in grado di) arrivare ad un lungo, con Le voci sole Brusa e Scotuzzi ottengono una decisa promozione.

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