Documentario – Gianni Celati, 1991

Ero una bassaiola, abitavo in un punto imprecisato sotto l’argine sinistro del Po quando Gianni Celati e Luigi Ghirri documentavano il mio mondo. Secondo il loro punto di vista, naturalmente. Che non collimava mai col mio che lì dentro ci vivevo.

Leggevo Celati e guardavo le foto di Ghirri alla ricerca di un punto di contatto. La loro Bassa era esangue, elegante, immota, una scena vuota. Bella ed esportabile, un modulo applicabile a tutte le altre parti del mondo, tanto il luogo è negli occhi di chi lo guarda e questo sistema tutto.

Il delta è la bassa della bassa, e qui lo vediamo nei primi anni Novanta in un documentario RAI di Gianni Celati con Luigi Ghirri al seguito a scattare foto.

Si sta soprattutto nel ferrarese e si viaggia su una corriera blu che trasporta un gruppo vario di turisti con scarsa voce in capitolo. Poche voci anche dai luoghi: un sindaco, una signora a Comacchio.

La strada provinciale delle Anime c’è, si vede all’inizio. Non porta da nessuna parte, solo alla fine sapremo che in fondo c’è il cimitero. 

Si parla di paesaggio naturale oppure no, si passa nei bar con bacheche (pubblicità di scacciazanzare elettronico), di sera si va in un luogo desolato per discutere di cose serie, con tono grave. L’occhio attuale è attratto da quello che non c’è più, come la pubblicità della Kodak o il lavoro scomparso dallo zuccherificio Eridania chiuso. Cade anche sulle case malfatte, sulle superfetazioni avventurose e permesse, sugli intonaci divorati dall’umidità. Solo la commistione tra acqua dolce e salata, della terra più bassa del mare, degli argini che si perdono sembrano veramente veri, sullo sfondo Tabula Rasa di Arvo Paert, scelta musicale pertinente se non altro per il titolo.

Prevale l’estetica dello squallore, non manca il luna-park misero e scolorito, visione riduttiva di un ambiente composito e misto come quello del delta, non necessariamente infelice.

Strada provinciale delle Anime, rivisto dopo trent’anni, documenta un’epoca più che un luogo, un periodo in cui il punto di vista rischiava spesso di porsi un poco più in alto del mondo fuori.

Daniela Goldoni

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