Nello splendido contesto della Casa degli Autori delle Giornate degli Autori al Lido di Venezia, abbiamo avuto l’occasione di incontrare tre delle protagoniste di Nina dei lupi, ultimo film di Antonio Pisu, che da domani sarà in sala grazie a Genoma Films.

Tiziana Foschi. Sceneggiatrice e attrice del film

GdA Nina dei Lupi Intervista
Da dove nasce la voglia di raccontare questa storia tra teatralità e genere distopico?

Mia figlia si chiama Nina. Quando è nata, mi è stato regalato il libro di Alessandro Bertante. Che ho subito amato. Poi l’ho regalato anche ad Antonio. Abbiamo usato la pandemia e l’isolamento obbligato che ne è conseguito per raccogliere un po’ le idee. Abbiamo cercato un modo per esprimere quello che stavamo vivendo, ma anche di pensare al futuro.

Questo ha influito sul vostro modo di parlare di isolamento?

Quello dell’isolamento è un concetto che si usa molto spesso anche a teatro. Proprio Antonio ha scritto un testo teatrale – a mio avviso, bellissimo – che abbiamo interpretato per cinque anni, che si intitolava Le lettere di oppio. Era un racconto claustrofobico, che spunto dalla guerra dell’oppio in Cina nel 1860, ma ambientato a Londra. Anche lì c’era questo senso del bastarsi ma non bastarsi. E la nostra volontà di analizzare le paure dell’uomo. Anche in questa piccola società che riesce a scampare al delirio del mondo dopo la tempesta solare si creano dei disagi. L’idea di non poter andare fuori, di avere dei limiti fisici di movimento e mentali mette in grande difficoltà tutti. Non ci sono buoni o cattivi in questo film. Tutti vivono un disagio.

Parlando di paura umana, in una drammatica scena il tuo personaggio di Betta ripete non avere paura. Quando ci sono tutti i presupposti per averne.

Quello di Betta è un personaggio che non esiste nel libro. Ma che io e Antonio abbiamo voluto, per mettere nel film questo grido che desse forza a un momento così difficile e tragico per l’umanità e in cui una delle caratteristiche principali di tutti i personaggi è di essere borderline e al limite, non sentendo più niente. Quello è un momento molto forte, autoriale, in cui l’umanità è portata a non sentire più nulla, a non avere più né morale né etica. E Betta ci mostra come il dolore possa rischiare di diventare un viatico molto potente per la vendetta.

Quelli espressi in Nina dei lupi sono messaggi molto forti che sembrano essere indirizzati soprattutto al pubblico giovane

Vogliamo ispirare con il film un momento di riflessione. Anche noi stiamo perdendo un contatto con l’altro. Io continuo a fare anche tantissimo teatro proprio perché ho un bisogno fisico e chimico del pubblico, che è sempre diverso. Parlando sempre attraverso degli schermi, la sensibilità dei nostri sensi non è più sollecitata e questo è folgorante e ci fa perdere il senso di noi stessi. Io credo che i giovani, soprattutto ora, hanno bisogno di comprendere, di capire da dove arrivino le cose. Perché iniziano ad avere paura del futuro

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GdA Nina dei Lupi Intervista
Così giovane in una vetrina prestigiosa come quella di Venezia. Come stai vivendo questa esperienza?

In una totale genuinità e semplicità. Innanzitutto, sono riconoscente a tutte le persone che hanno creduto in me e che continuano a farlo. Alla mia famiglia, la produzione e Paolo Rossi. Quando ti circondi di persone che fanno bene al cuore e al tuo futuro è molto più facile andare avanti. Sono felicissima di essere qui.

Quello di Nina è un personaggio estremamente complesso. Di una ragazza che sta iniziando a crescere in un contesto in cui da una parte viene tratta come una reietta della sua società e dall’altra non vuole negare se stessa. Come hai lavorato sul personaggio?

Sto capendo adesso che sto crescendo che ci sono vari modi per entrare in un personaggio. Ho voluto testare varie tecniche nell’ultimo periodo, per capire quale fosse quella più adatta a me. Con Nina c’è stata una lunga preparazione. Un lavoro che ho fatto su me stessa. Mi ha aiutato, innanzitutto, rivedere Il redivivo di Innarritu, cercando di studiare e riprodurre alcuni gesti e movenze del personaggio di Leonardo Di Caprio. Perché in quel film ha uno stile molto arcaico, molto primitivo. Ed è quello che serviva al mio. Poi ho ricreato e cercato di rivivere i momenti più belli che ho vissuto nella mia infanzia in campagna e di dare a Nina quella semplicità e quella genuinità d’animo che avevo quando ero piccola.

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GdA Nina dei Lupi Intervista
Se in Nina troviamo genuinità e semplicità, nel tuo personaggio, Giovanna, troviamo tutta la pesantezza e durezza dell’essere donna. Come hai gestito questa drammaticità?

Giovanna per me è proprio l’essere umano. La meno dritta nel suo percorso. Non è né buona né cattiva, ma sta proprio nel mezzo. Perché è la più umana. Se sta vicino ai cattivi diventa cattiva, ma forse sarebbe buona. Come succederebbe a tutti gli uomini che vivono nella paura di morire, in un mondo di cattiveria e violenza. Giovanna è la donna, sono io. Credo che sia vicina a tutte le donne in determinati frangenti della loro vita. La recitazione per me è anche questo: prendi un evento, anche piccolo, in cui però hai provato anche tu quell’emozione, e la porti fino in fondo, la esageri ed amplifichi. Giovanna è la donna, che spesso di deve sottomettere.

Quando di tuo hai dato al tuo personaggio e quanto ti sei fatta guidare da Antonio Pisu in questo percorso?

Secondo me, si parte da se stessi. Però la cosa bellissima che ha Antonio è che è molto pulito, diretto e trova un’empatia senza mai sovrastare. Riesce a essere molto solido pur essendo un giovane regista. Sa essere autorevole molto naturalmente. Con uno sguardo ti dice subito se la scena vada bene o meno. Raramente si impone, lascia fare. Ma se qualcosa non va bene sa dirigerti con una parola. E per il mio modo di essere e fare il mio lavoro questo è stato molto utile per me.

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