Johnny (Joaquin Phoenix) passa le giornate a intervistare bambini. Gira le città di tutti gli Stati Uniti con il suo microfono e una piccola crew per raccogliere impressioni, paure, desideri, speranze e delusioni sul presente e sul futuro del mondo e della nostra società. Johnny usa quegli scorci nelle loro vite per allontanarsi dalla sua esistenza solitaria, li usa come pausa, come vaga e inusuale forma di intrattenimento. Essendo senza figli, può facilmente fuggire dalle paure che quei bambini hanno sul domani perché non lo riguarderanno nemmeno in minima parte.  Per lui è facile tornare nelle stanze d’albergo vuote, riascoltare quelle registrazioni e pensare semplicemente di aver portato a termine il suo lavoro per la giornata.

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Una chiamata da parte di sua sorella Viv (Gaby Hoffmann) mina quella solitudine che Johnny usa come scudo: ha bisogno che qualcuno si prenda cura del figlio Jesse (Woody Norman) mentre lei si occupa del marito Paul (Scott McNairy). Johnny accetta il compito, pensando che si tratti di una questione di giorni, ma presto quei giorni si trasformano in settimane. Jesse entra prepotente nella vita dell’uomo, occupando i suoi silenzi e costringendolo a capirsi più di quanto vorrebbe.

Non è la prima volta che Mike Mills porta sullo schermo le dinamiche famigliari che hanno segnato la sua stessa vita. Prima era stato il malinconico ritratto di suo padre grazie a Christopher Plummer in Beginners (2010) e poi l’ode a sua madre e alle altre donne della sua vita con 20th Century Women (2016). Con C’mon C’mon, il suo nuovo film in questi giorni nei cinema italiani grazie a Notorious Pictures, Mike Mills sceglie di indagare la nuova paternità e il rapporto con suǝ figliǝ attraverso lo strano e complesso rapporto che si formerà tra Johnny e Jesse.

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Woody Norman

C’mon C’mon è un film dedicato all’arte dell’ascoltare: un ascolto che non si ferma alle parole, ma va oltre toccando anche la dimensione del non-detto. Le interviste che Johnny raccoglie per lavoro si intrecciano ai momenti che l’uomo condivide con il bambino, le domande che i due si scambiano diventano un modo per conoscersi ma al contempo anche per continuare a sfuggirsi tra gioie ermetiche e paure impossibili da contenere. L’ascolto non porta a risposte sicure e univoche e spesso nemmeno i personaggi sembrano disposti ad ascoltarsi subito: nei primi momenti tra Johnny e Jesse i due sembrano intraprendere discorsi completamente diversi con pochissimi elementi di contatto, ma presto, anche grazie all’aiuto di Viv che assume il ruolo di intermediaria, riescono tra silenzi e ulteriori confusioni a trovare un equilibrio che funzioni per entrambi.

Il film di Mike Mills segna anche il primo ruolo di Joaquin Phoenix dopo l’Oscar vinto per Joker. Qui trova modo di mostrare l’altra faccia delle sue doti attoriali, lavorando per sottrazione e mettendo in mostra la sua vulnerabilità. Al suo fianco, nei panni di Jesse, c’è la piccola grande scoperta del regista: Woody Norman. Il ragazzino, che nonostante le sue origini inglesi riesce a recitare con un accento americano perfetto, è una presenza carismatica e placida al tempo stesso, che custodisce le sue battute per farne delle frecce pronte a colpire i suoi interlocutori. Gaby Hoffmann, infine, conclude il terzetto protagonista, donando alla sua Viv la fiera delicatezza che contraddistingue ogni madre e bilanciando le energie opposte ma complementari degli altri due personaggi.

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