Esiste sempre una differenza tra ciò che è cinema e ciò che può essere solo una serie tv? Fin dove può spingersi il confine tra reale e finzione? Siamo sicuri che la follia non possa essere intrinseca in ognuno di noi? Siamo noi artefici del nostro destino o esso dipende da come riusciamo a barcamenarci con l’eredità e il prestigio lasciato dai nostri genitori? No, non siamo diventati dei novelli Marzullo. Semplicemente questi i temi trattati dalle quattro serie tv (che sarebbero potuti essere, o sono stati, film per il grande schermo) che vi consigliamo di vedere oggi sulle piattaforme Raiplay, Netflix e Paramount+.

Esterno notte. Effetto Cinema

Presentata in anteprima mondiale al Festival di Cannes e successivamente divisa in due parti per una prima fruizione in sala, la prima serie tv di Marco Bellocchio è stata trasmessa chiaro sulla rete ammiraglia della Rai la scorsa settimana ed è ora disponibile su Raiplay. Già il suo percorso distributivo dimostra quanto Esterno notte sia un caso atipico di serialità.

dalle piattaforme cosa vedere

6 episodi, che, a tutti gli effetti, se non fossero intervallati dalla (bellissima) sigla, potrebbero essere assolutamente visti come un lungo (ma più che avvincente) film di 6 ore. Non a caso, noi ve ne consigliamo la visione unica, skippando da un episodio all’altro, proprio per non perdere il continuum narrativo. E a questo (come alla sua determinata volontà di permettere al pubblico di avere una prima visione in sala) deve aver proprio pensato Marco Bellocchio nello scriverne (insieme Stefano BisesLudovica Rampoldi, Davide Serino) la sceneggiatura.

Un cast sublime al servizio della serie

Anche la scelta del cast è altamente cinematografica. Già molti prima di noi hanno sottolineato la perfezione – sia a livello di utilizzo della voce che della gestualità – dell’interpretazione di Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro. Concordiamo con Porretta Cinema e la giuria del Premio Nazionale Elio Petri, che il 4 dicembre assegnerà all’attore il Premio alla Carriera anche per questo suo straordinario ultimo impegno attoriale, nonché per l’enorme contributo finora dato sial al cinema che al teatro italiani.

Non staremo neanche a ricordare quanto ormai Toni Servillo (attualmente al cinema nei panni di Pirandello nel film La stranezza di Roberto Andò, da settimane in cima al box office italiano) sia uno dei volti più prestigiosi del panorama nazionale. Ci piace, invece, sottolineare le prestazioni di attori che non sempre hanno la ribalta che meritano. Pensiamo all’intensità con cui Fausto Russo Alesi riesce a portarci le debolezze del picconatore Francesco Cossiga; o ai serafici silenzi del Giulio Andreotti interpretato da Fabrizio Contri.

Allo stesso modo, ci piace rimarcare quale sia ancora il ruolo fondamentale della grande storia teatrale del nostro paese, grazie alla quale, ad esempio, in Esterno notte Lorenzo Lavia riesce a dare profonda intensità ad un personaggio difficile e controverso come Renato Curcio. Personaggio secondario per obblighi di sceneggiatura, ma a cui l’attore, grazie alla grinta e credibilità della sua interpretazione, riesce a restituire quel fondamentale ruolo storico che ha avuto nei fatti che hanno portato al delitto Moro e le cui invettive dal tribunale sono funzionali nella serie a fare chiarezza sulle intenzioni della Brigate Rosse. Non vi capiterà spesso di avere così tanto cinema sul piccolo schermo. Approfittatene.

1899. Quanto è reale la realtà?

Rilasciata questo mese su Netflix, 1899 è una produzione equamente divisa tra Stati Uniti e Germania, in cui si parla inglese, tedesco, spagnolo, francese, polacco, cantonese, danese e portoghese. Un prodotto assolutamente interessante. Per il fatto di essere un titolo capace di alternare, in soli 7 episodi, più registi stilistici (dal dramma, al thriller, all’horror, passando per il romanzo in costume). Ma anche per quel tratto da analisi filosofica e psicanalitica che accompagna le sconcertanti vicende dei passeggeri del transatlantico Kerberus.

I protagonisti sono di età ed estrazione sociale diverse. Ma accumunati dal fatto di aver intrapreso il viaggio per evadere da un passato spesso scomodo e alla ricerca di un futuro migliore, inseguendo il mai sopito miraggio del sogno americano.

Ideata e scritta da Baran bo Odar e Jantje Friese – già autori di Dark, altra serie che vi consigliamo di vedere se siete appassionati del genere – 1899 si presenta al pubblico come un’esperienza visiva labirintica. Tra continue luci ed ombre, attraversando una linea temporale non sempre intuitiva. Con una ricchezza di simbolismi e riferimenti filosofici che sfiderebbero la comprensione anche di un accademico. Ma con un impatto a livello di immagine, una precisione interpretativa ed una potenza narrativa davvero impressionante. E non importa se, alla fine di ogni episodio, avremmo completamente perso la cognizione di cosa sia sogno e cosa realtà. Siamo certi che a quel ripetuto sveglia anche voi vi troverete a chiedere ancora cinque minuti. O cinque episodi.

Inside Man: siamo tutti (potenziali) assassini

Se già per Esterno notte lo avevamo messo in discussione, anche con Inside Man ci troviamo a invitarvi a ragionare su quanto Cinema possa esserci in una serie tv.

Ad esempio, non è così comune che Stanley Tucci presti il suo volto ad un prodotto seriale. Anche quando si tratta, come in questo caso, di una miniserie in 4 episodi, da un’ora ciascuno. 4 ore di intreccio serrato di storie, di misteri, di crimini e personaggi che insospettabilmente si trovano a diventare degli assassini.

Jeff Grieff (uno Stanley Tucci semplicemente superbo) è un criminologo rinomato, che viene costantemente chiamato come consulente per occuparsi di alcuni delitti che sembrano irrisolvibili. Fin qui, tutto normale, in linea con tante serie crime già viste. Se non fosse che Jeff è un assassino, che si trova nel braccio della morte dopo aver trucidato l’amatissima moglie. Alla sua storia si intreccia quella del vicario inglese Harry Watling (David Tennant, attore sempre in bilico tra teatro, cinema e serie di successo. Praticamente, un Gifuni in salsa british). Amorevole marito e padre di famiglia, sempre pronto a correre in aiuto dei suoi parrocchiani. Finché una serie di assurdi casi della vita non lo porterà a dimenticare la frase che sembra accompagnarlo in ogni sua azione: sono pur sempre un prete.

Alla base narrativa di Inside Man sta proprio il voler far credere allo spettatore che chiunque, davanti anche semplicemente ad una giornata storta o ad una serie imprevedibile di eventi scatenanti, possa diventare un killer. Con immagini crude e senza nascondere la violenza dei momenti vissuti dai protagonisti, Steven Moffat (che cura sia la scrittura che la produzione della serie) non sembra ipotizzare una seconda stagione, lasciando che i 4 episodi vadano a rispondere, con diversi colpi di scena, a tutte le domande del pubblico. O no?

Bosé: figlio d’arte o artefice del proprio destino?

Produzione spagnola per Paramount+ e disponibile sulla piattaforma dal 3 novembre, Bosé è una miniserie biopic che va a ripercorrere la tribolata seppur privilegiata vita di Miguel Bosé. A scandire gli episodi sulle vicende del più conosciuto figlio d’arte di Spagna sono i titoli di alcune delle hit che lo hanno portato al successo e a diventare, a cavallo tra la fine degli anni Settanta e per tutti gli anni Ottanta, uno dei maggiori esponenti del panorama musicale ispanico nel mondo.

Una vita a cercare di uscire dall’ombra e a schivare gli effetti dei dissapori tra i suoi genitori. Difficile quando tuo padre è il maestro Luis Miguel Dominguin, re dei toreri, e Lucia Bosé, icona del cinema dalla bellezza e dal carattere dirompente. Iniziamo a scoprire di più sulla sua lotta interiore e professionale per distaccare il suo nome da questa ingombrante famiglia partendo da un momento molto particolare. Quello del concerto del 2009 a Città del Messico, che lo incorona indiscusso idolo anche per il mercato americano e durante il quale prende una delle decisioni più importanti: quella di diventare padre. Un desiderio in cui si cela la volontà, dopo una vita di successi tra cinema, musica e tv, di dare un senso più profondo alla sua esistenza. Sicuramente influenzato dalla scomparsa di due figure apicali nella sua crescita: quella della tata, una governante materna che lo ha sempre sostenuto e supportato, anche quando incedeva nei suoi eccessi. Quella del padre, il cui rapporto è sempre stato caratterizzato dall’incessante voglia di Miguel di ottenere il consenso paterno. Se non alle sue scelte personali a quelle professionali.

Il cast

Due attori spagnoli a contendersi il ruolo di Miguel. A José Pastor quello di incarnare la freschezza e la bellezza dell’artista capace di conquistare le adolescenti dell’epoca. Un’interpretazione la sua che sembra raggiungere l’apice nei momenti in cui è chiamato a mostrarci anche le doti di ballerino di Bosé. Spetta, invece, a Ivan Sanchez portare sul piccolo schermo il volto maturo, più consapevole, dell’uomo che comprende che dopo una vita spesa ad inseguire le classifiche di tutto il mondo sia giunto il momento di dedicare le proprie energie alla sua soddisfazione personale. A chiudere il cast, ad una italianissima attrice, Valeria Solarino, tocca il difficile compito di incarnare la bellezza e le asprezze caratteriali di Lucia Bosé (compito non sempre pienamente riuscito, soprattutto nel momento in cui se ne narra gli anni più recenti) e uno strepitoso Nacho Fresneda a riportare tutto il carisma e l’asprezza di Dominguin.

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