Dopo diversi anni prima di arrivare al set e un anno di riprese, arriva in concorso a Venezia79, Blonde di Andrew Dominik. Nel cast, attori del calibro di Adrien Brody, Julianne Nicholson e Bobby Cannavale. Ma, soprattutto, una scongolvente Ana de Armas. Che con questo ruolo rischia di scioccare gran parte dei suoi fan, ma di indirizzare la propria carriera verso finora insospettabili traguardi.
Tratto dall’omonimo best seller di Joan Carol Oates, la trasposizione cinematografica di Dominik – in uscita direttamente su piattaforma per Netflix dal 28 settembre – mantiente il dualismo tra Norma Jeane e Marilyn Monroe, il contrasto tra le due anime di quella che è diventata un’icona immortale.
Un lungo percorso creativo (15 anni) quello che ha accompagnato la realizzazione del film. Il regista Andrew Dominik, parlando del suo rapporto con il romanzo e la sua volontà di portarlo su grande schermo, ha dichiarato a Venezia:
Blonde non mi lasciava andare. Anche quando tutto sembrava me lo impedisse, Blonde tornava. Per una serie di casualità, abbiamo iniziato le riprese il 4 agosto. Il giorno dell’anniversario della sua morte. Non era pianificato. Ma durante quel primo giorno abbiamo girato nell’appartamento in cui aveva davvero vissuto da bambina con la madre. Successivamente, la stanza in cui abbiamo girato le riprese della sua morte era esattamente la stessa in cui è veramente morta. Ci sono tracce di lei ovunque a Los Angeles. Lei era ovunque sul set.
La trama
Non discostandosi mai troppo dalla mastodontica opera di ricerca e analisi sul vita e il personaggio di Marilyn Monroe che è il romanzo di Oates, Dominik mantiene il contrasto intimo tra le due anime di una delle figure più iconiche del cinema internazionale. La vita di Norma Jeane viene ripercorsa fin da quando è bambina. Vive in povertà con l’anafettiva madre, che la considera responsabile della fine del suo grande amore e del fatto che il padre la abbia abbondanata non volendo riconoscere quella figlia nata da una relazione extraconiugale. Norma Jeane, invece, vive la sua spensieratezza con il sogno che sarà quell’uomo (o qualsiasi altro uomo) a venirla a salvare, liberandola dagli abusi e dalla follia materna.
La volontà di fuggire da questa condizione e la bellezza fuori dal comune che diventerà evidente sin dall’adolescenza la porteranno a cercare di ottenere la fama e di entrare nel mondo del cinema. A tutti i costi. Fino ad annullare se stessa. Uscire dal proprio corpo. Per creare il personaggio di Marilyn Monroe. Norma non è Marilyn. E Marilyn verrà cacciata ogni volta in cui Norma Jean sentirà il bisogno di proteggersi da quella donna sensuale, il cui corpo è desiderato da tutti gli uomini che incontra. Mentre Norma cerca disperatamente la normalità, l’amore.
La tragica fine di entrambe verrà decretata il 4 agosto 1962. Quando il suo corpo esamine verrà ritrovato senza vita nel suo appartamento. Sola.
Lo scandalo. A tutti i costi.
L’elezione a dea delle pin-up dell’epoca. Le foto per le riviste di soli uomini. Le copertine patinate di Play Boy. Lo scandalo del trio amoroso con ‘Cass’ Charlie Chaplin Jr. (perseguitato dal confronto con il Vagabondo padre) e Eddy G. Robinson Jr. La gelosia di Joe Di Maggio. La dolcezza di Arthur Miller. La controversa liason con John F. Kennedy. Tutti gli amori di Norma Jeane e Marilyn vengono analizzati con uno sguardo quasi morboso. Che culmina in alcune scene esasperate ed esasperanti.
Blonde è volutamente esagerato. Sfrontato e volgare. Come si vuol far apparire tutta la narrazione che in quegli anni e in quelli a venire ruotava attorno alla figura di Marilyn Monroe. Se le cascate del Niagara da set di uno dei suoi primi grandi successi cinematografici diventano l’alcova in cui sublimare l’orgasmo di un ripetuto rapporto a tre con Cass e Eddy, il sesso orale praticato al Presidente degli Stati Uniti e riportato sul grande schermo di una squallida sala cinematografica diventa puro voyerismo.
Il contrasto – continuo, potente, disarmante e autodistruttivo – tra Norma Jeane e Marilyn resta centrale per tutta la durata (enorme per la media: 2 ore e 46 minuti) dell’opera. Ed è stato rievocato da Ana de Armas durante la sua partecipazione alla conferenza stampa del film e rispondendo alle domande su come abbia approcciato il personaggio nella sua preparazione:
La maggior parte del film si concentra sulla figura di Norma Jean. Sulla sua storia. Merilyn Monroe è presente perché sono la stessa persona. Credo che i due personaggi avessero bisogno l’una dell’altra, si alimentassero a vicenda. Non era difficile per me passare da un registro all’altro, perché sentivo sempre una forte connessione con entrambe. Credo che Marilyn fosse sul set con noi. Potrà sembrare quasi mistico, ma tutta la crew, non solo noi attori, aveva la sensazione che fossimo al suo servizio e sentivamo di doverle rispetto per la responsabilità di doverla raccontare. La sognavo, parlavo con lei. Essere negli stessi luoghi in cui era stata lei mi ha fatto vivere sensazioni ed emozioni molto forti e credo che lei approvasse quello che stavamo facendo.
Film non riuscito o possibile serie di successo?
L’anteprima veneziana di Blonde non salverà il film dal suo mancato arrivo in sala. La scelta, sin da subito di Netflix è stata quella della diretta messa su piattaforma del titolo, disponibile dal 28 settembre. Una scelta, come sempre, che reputiamo controversa. Perché, nonostante la durata (difficile da gestire per qualsiasi esercente) e un eccesso di manierismo stilistico a cui spesso Dominik si abbandona nel corso delle scene, crediamo che Blonde meritasse il grande schermo. Come il pubblico avrebbe meritato di poter godere di quello che resta il miglior racconto sulla figura di Marilyn fatta dal mondo cinematografico. Merito più del lavoro minuzioso del libro che del film, a dire il vero.
Ma, a questo punto, non possiamo che condividere con voi la sensazione immediata provata uscendo dalla proiezione veneziana: invece di un film debole e ricco di difetti, Blonde sarebbe potuta essere una più che credibile e godibile serie. Sostenuta dal fatto che la narrazione segua un rigido ordine cronologico degli eventi e una fotografia non sempre degna del grande schermo, ma più che congeniale ad un prodotto televisivo.
Ana de Armas: da Knock Knock a Marily
In molti si sono stupiti quando regista e produttori hanno ufficializzato che a ricoprire il ruolo della protagonista in Blonde sarebbe stata chiamata la giovane attrice cubana Ana de Armas. Di certo, sarebbe stato inimmaginabile pensando alla sua interpretazione nel suo film di esordio, il deludente (ma di grande successo presso le giovani generazioni) Knock Knock. Invece, proprio guardando quel film e apprezzando la sua interpretazione il regista Andrew Dominik non ha avuto nessun dubbio sul fatto che Blonde dovesse essere lei.
L’ho vista nel film e ho pensato subito che dovesse essere lei. Ci sono voluti un paio di anni per organizzare l’incontro. Ma subito, sin dalla prima audizione, è stato amore a prima vista. Sapevo che era lei
Ed è vero. Ana de Armas non intepreta Marilyn Monroe in Blonde. Diventa lei. Ne assume le movenze, la gestualità, le espressioni. Ricostruisce il suo modo di parlare. Mette il peso delle sue sofferenze, delle sue paure, sulle sue spalle. L’attrice, tornando sulla responsabilità che abbia avvertito nel dover interpretare un ruolo così importante, complesso e delicato, ha dichiarato:
Nessuno è pronto per questa pressione. Ad essere ciò che le persone pretendano tu sia dal tuo personaggio. Io grazie a questo ruolo ho imparato a proteggermi di più. Ho cercato la forza in Marilyn. Ed è lei che me la ha data.