Noi siamo amorali, non immorali!” è un mantra per Riccardo Schicchi, dai più considerato come l’inventore del porno italiano. È una frase ripetuta con leggerezza, una giustificazione irriverente per una rivoluzione del buon costume a cui il Bel Paese non era pronto. Se non si ha morale, se ci si abbandona alla libertà e alla disinibizione, non si può risultare scandalosi: lo scandalo, dopotutto, è riservato solo a chi vuole apparire in un certo modo agli occhi della società. È una giustificazione, ma anche una mezza ammissione di colpa. Sarà un porno fatto di ghirlande di fiori, serpenti, conchiglie giganti e di lap dance, ma è pur sempre porno dove il corpo della donna è reso mero oggetto di desiderio e merce, consentendo una successiva deriva violenta del genere.

Nonostante la sua innata leggerezza, Diva Futura, il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt presentato in Concorso alla 81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, non desidera fuggire dai giudizi verso la sua materia prima. Non solo infatti la problematizza in diversi momenti della narrazione, ma pone al centro, oltre allo stesso Schicchi (Pietro Castellitto) e alla sua segreteria e braccio destro Debora (Barbara Ronchi), tre delle muse e volti principali di Diva Futura: Ilona Staller in arte Cicciolina (Lidija Kordič), Moana Pozzi (Denise Capezza) e Éva Henger (Tesa Litvan).

Basandosi sul libro Non dite alla mamma che faccio la segretaria, autobiografia e racconto semiserio della vera Debora, Diva Futura non segue un percorso univoco e lineare a livello temporale preferendo rimbalzare tra un anno e l’altro, cambiando punto di vista per cercare di fornire un’immagine quanto più vivace e completa di quegli anni. Dal fortunato ingresso in politica con il Partito dell’Amore di Ilona Staller agli sfortunati risultati dell’elezione di Moana Pozzi (la lettura da parte di Schicchi del questionario ANSA è uno dei momenti più divertenti dell’intero film), passando per tutte le forme dell’amore e del porno concepibili nel mondo di Diva Futura: a volte la struttura scelta da Steigerwalt può risultare chiassosa ed estenuante, un ping pong narrativo che rischia di schiacciare la storia stessa che sta cercando di raccontare.

Diva Futura è un’opera profondamente ambiziosa, perché non è solo la storia dell’agenzia, ma di un’era italiana che forse non è mai del tutto finita e si è solo plasmata. La sceneggiatura, sempre firmata da Steigerwalt, non assolve nessuno, puntando il dito verso tutti i missionari della moralità. Una persona con ironia ha detto che Larraín potrebbe dedicare una nuova trilogia a Staller, Pozzi e Henger, ma il lavoro fatto da Diva Futura nei loro confronti sia come personaggi narrativi che persone reali è un’opera di immensa devozione e rispetto, aiutato da tre interpreti, non solo incredibilmente somiglianti fisicamente, ma capaci di farle rivivere sullo schermo in tutta la loro vitalità.

Nonostante il ruolo fondamentale di Riccardo Schicchi all’interno del film, a cui Pietro Castellitto infonde una sorprendente vitalità, la sua presenza non risulta mai ingombrante ma sempre in funzione delle vere protagoniste della storia. Diva Futura non ha paura ad affrontare le sfumature del desiderio, sia nella sua bellezza che nella sua profonda crudeltà, lo fa, al contrario di altri prodotti usciti sul tema in Italia negli ultimi mesi che hanno concentrato tutta la loro campagna promozionale sullo scandalo, senza mai mancare di rispetto alle sue protagoniste, anche in faccia ai rotocalchi che hanno attaccato per anni le loro reputazioni.

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