Ha debuttato, in anteprima mondiale a Venezia81, M – Il figlio del secolo, attesa serie tv in 8 episodi, per la regia di Joe Wright che sarà disponibile su SKY e NOW Tv nel 2025. Questo colossale nuovo titolo Sky Original è prodotto da Sky Studios e da Lorenzo Mieli per The Apartment (società del gruppo Fremantle) in co-produzione con Pathé, in associazione con Small Forward Productions e in collaborazione con Fremantle, CINECITTÀ S.p.A.
Tratto dall’omonimo romanzo e bestseller in tutto il mondo di Antonio Scurati, M – Il figlio del secolo racconta la nascita del fascismo in Italia e l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Ad interpretare il ruolo del dittatore fascista è uno sconvolgente Luca Marinelli, che ha parlato dei 7 mesi che lo hanno visto coinvolto nelle riprese come del lavoro più tragico e complesso della sua carriera. Trovandosi nella difficile situazione di dover sospendere il giudizio sulla figura storica e il suo dissenso personale per tutto quello che la figura di Benito Mussolini ha rappresentato e continua a rappresentare nel nostro Paese.
Joe Wright: un regista tra letteratura e storia
Nel 2007, un giovane regista inglese viene invitato ad inaugurare la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con un film, interpretato da Keira Knightley e James McEvoy, tratto dal bestseller Espiazione di Ian McEwan. Dopo 17 anni, quello stesso regista torna a Venezia con il suo primo lavoro nel campo della serialità.
Tratto sempre da un romanzo di grande successo in tutto il mondo, che lo porta a cimentarsi con una delle pagine più buie e una delle figure più drammatiche e discusse della storia dell’Italia. Cicli e ricicli storici e cinematografici che sembrano ripetersi. Con al centro lo sguardo sempre splendido di Joe Wright, tornato al Lido per accompagnare l’anteprima mondiale di questa incredibile serie.
Raccontando di motivi che lo hanno spinto ad accettare il progetto di M – Il figlio del secolo, il regista ha dichiarato:
Ho avuto il privilegio di apportare un punto di vista esterno a questa storia, potendo guardare alla figura di Mussolini molto chiaramente, con un occhio non condizionato. […] Ma non spetta a me dare lezioni agli italiani sulla loro storia, non ho nulla da insegnare agli italiani. Tutto ciò che posso fare è metterli davanti a uno specchio.
Sono molto orgoglioso della serie. Il formato seriale mi ha dato il tempo di scavare davvero nei personaggi, soprattutto lavorando con Luca Marinelli, che trovo sia un genio. Avere il tempo e lo spazio per scavare davvero dentro il personaggio Mussolini con lui è stato un grande privilegio.
All’inizio, la sceneggiatura presentava molti parallelismi tra la nostra storia e la politica contemporanea, ma a un certo punto abbiamo avuto la sensazione che stessimo adottando un atteggiamento quasi paternalistico nei confronti dell’intelligenza del pubblico. Meglio fare solo il nostro lavoro e presentare i fatti, raccontare la storia nel modo più accessibile e appassionante possibile e lasciare che il pubblico ne facesse ciò che voleva.
Un nuovo cinema italiano è possibile
Lo sguardo esterno di Joe Wright è stato prezioso evidentemente non solo per trattare con lontananza il personaggio di Mussolini. Ma anche i pregiudizi che forse fosse stato un regista italiano avrebbe avuto ad accettare tra il cast così tanti volti noti spesso relegati solo alla serialità nel nostro paese.
Accanto a Marinelli, ad esempio, troviamo un sorprendente Francesco Russo (Call My Agent – Italia), che interpreta, in modo esemplare e convincente, Cesare Rossi, fascista della prima ora, ufficio stampa e consulente personale di Mussolini.
Nei panni di Margherita Sarfatti, una delle amanti più note del dittatore, abbiamo Barbara Chichiarelli (Suburra – La serie, The Good Mothers, Favolacce), capace di portare sul set un genuino senso futurista a questo personaggio intrappolato tra l’amore per l’uomo e la convinzione di poter controllare il gerarca.
Sempre sul fronte delle splendide interpretazioni femminili che ci regalano M – Il figlio del secolo, troviamo una quasi irriconoscibile Benedetta Cimatti (Ricordi?, Tina Anselmi – Una vita per la democrazia) in quelli di Donna Rachele, offrendo al suo personaggio un perfetto equilibrio interpretativo a questa donna relegata ai margini dalla semplicità delle sue origini e intrappolata in un matrimonio che non è mai stato felice.
Tra le sorprendenti interpretazioni, non possiamo non sottolineare quelle di Lorenzo Zurzolo (EO, Prisma, Baby) è invece uno spietato, al limite della psicopatologia, Italo Balbo. Per non parlare di Maurizio Lombardi (The Young Pope, The New Pope, 1992, Ripley) nei panni di Emilio De Bono o dello straordinario Gaetano Bruno (Martin
Eden, Indivisibili, Il Cacciatore, Doc – Nelle tue mani) nell’appassionato ruolo di Giacomo Matteotti. Un plauso a parte meritano Vincenzo Nemolato (La chimera, Tutto chiede salvezza, Supersex)y, volutamente macchiettistico nel ruolo di Vittorio Emanuele III, e Paolo Pierobon (Rapito, Esterno notte, Qui rido io, 1994) nei panni del poeta e fautore dell’impresa di Fiume Gabriele D’Annunzio.
Volti non scontati. Attori incredibili. Guidati da un regista che ha voluto credere in loro. Guidandoli magistralmente in quelle che sembrano già essere le loro migliori interpretazioni. Chissà se anche i nostri registi vorranno avere lo stesso coraggio dimostrato da Joe Wright. Potrebbero ritrovarsi decisamente ricompensati come successo a lui.
La nostra recensione
Non lo neghiamo: i primi piani molto ravvicinati di Mussolini/Marinelli che rompe frequentemente la quarta parete nel corso delle quasi 7 ore che compongono gli 8 episodi di M – Il figlio del secolo. Ci hanno provato. Trovarci così a lungo e in modo così imponente davanti ad una delle raffigurazioni più esemplari del Male nella nostra storia è forse uno degli intenti dietro questo solitamente fastidioso artificio cinematografico. Scelto da Joe Wright per creare un impossibile e insano coinvolgimento del pubblico nelle vicende narrate. Ma anche quasi a volerlo sbattere contro il muro delle proprie responsabilità.
Come più volte mostrato nel corso della narrazione, nessuno fermò Mussolini agli esordi del fascismo nel 1919. Quando nessuno impedì al direttore del Popolo d’Italia di adunare e addestrare giovani traumatizzati e appena tornati dalle trincee della Prima Guerra Mondiale, senza lavoro né prospettive. Come nessuno mise un freno agli atti di inaudita violenza già allora perpetrati ai danni di socialisti e sindacalisti.
La Marcia su Roma ci viene raccontata in M – Il figlio del secolo in vortice di materiali d’archivio che si confondo con la finzione cinematografica. A rafforzare il senso di spaesamento di un governo e di una monarchia che compresero ma non bloccarono sul nascere le velleità di potere di Mussolini.
Se velocità, ritmi narrativi e musicali sincopati, colori abbaglianti segnano il susseguirsi delle vicende nei primi 4 episodi, gli ultimi 4 sono pervasi da un senso di cupezza e terrore. Un lento incedere narrativo verso la totale e definitiva affermazione della violenza delle Brigate fasciste, del potere unico del Duce e di una dittatura che terrà in scacco il paese per un buio Ventennio.
Lo sguardo di Joe Wright sio muove implacabile. Tra baccanali dell’orrore e terrore, sesso violento che vuole essere predominazione totale, liti furiose per definire le gerarchie interne al fascismo. E i tentativi di Mussolini, a volte esasperati e esasperanti, di raggiungere l’immortalità con la gloria.
Se il passato di quegli anni non ha giudicato in tempo il pericolo fascista, Joe Wright invita lo spettatore a diffidare del revisionismo storico che ruota attorno alla dittatura e alla figura di Mussolini. Per non ritrovarsi a commettere più lo stesso errore in futuro
Grazie anche ad una travolgente colonna sonora composta da Tom Rowlands, membro del noto duo britannico di musica The Chemical Brothers (tra i pionieri del big beat, che hanno poi contribuito a inserirlo di diritto nella cultura pop), la musica diventa fondamentale nello sviluppo di M – Il figlio del secolo. Contribuendo, insieme al prezioso sguardo altrettanto moderno e pop di Joe Wright, a definire l’estetica del film, nonché il vero ritmo del susseguirsi delle immagini.