Gollum (Gabriele Monti), Nina (Ludovica Nasti) e Frank (Samuele Teneggi) hanno smesso di esistere da tempo, tutti in modi diversi. Vivono in una Milano che appare ai loro occhi come il castello delle fiabe da conquistare e solo allora poter difendere. Gollum non parla, quando prova a farlo dalle sue labbra esce un suono gutturale che spaventa i suoi interlocutori. Per quello preferisce esprimersi attraverso i graffiti per dare spazio alle migliaia di cose che sente dentro di sé. Frank vende compiti e temi fuori da scuola e da due anni ormai frequenta l’università senza esservi iscritto, cercando poesia in ogni angolo. A detta di Gollum, lui è una di quelle persone che ti fa vedere la vita con tutti i suoi incredibili colori. Nina si è sposata troppo giovane e ora si trova a fare i conti con la vita da ragazza madre. Fotografa il mondo senza mai pubblicare le foto sui social perché quella è la corsia preferenziale per guardarsi attorno.

La Storia del Frank e della Nina, il nuovo film di Paola Randi presentato a Venezia nella sezione Orizzonti Extra, è un omaggio a una Milano diversa vista con uno sguardo innovativo, fondamentalmente romantico e sognatore. I tre protagonisti vagano in questo mondo dei sogni, in bilico tra l’adolescenza e l’età adulta, cercando di riconquistare i colori che li circondano. Con una dolcezza tipica del cinema di Paola Randi e un forte desiderio di riscatto personale, Gollum, Frank e Nina diventano una famiglia a se stante, che si sopporta e supporta a vicenda per crescere insieme, sopravvivendo a un mondo che vuole inglobarli e omologarli.

Abbiamo avuto modo di parlare con Paola Randi e con il cast de La Storia del Frank e della Nina. Il film uscirà prossimamente nelle sale italiane con Fandango:

Raccontaci un po’ come sono nati questi personaggi.

Paola Randi: Secondo me quando fai dei personaggi che ad un certo punto assumono una loro personalità sono loro che ti guidano. Volevo cercare di raccontare una città di avventure, di sogni, romantica. Sai, io sono milanese, sono nata a Milano e poi sono venuta via per 30 anni più o meno quindi io vi ho vissuto il periodo forse più intenso che è stato proprio quello della seconda adolescenza, dell’adolescenza che porta all’età adulta. Mi ha pervaso il senso di disagio che però non è mai andato effettivamente via, non sai dove mettermi, a cosa appartieni. 

Milano raduna i sogni di un sacco di gente che vi si trasferisce per cercare di realizzare qualcosa ed è proprio questa la Milano che volevo raccontare qui. Ho cominciato da questo personaggio qua, Gollum, che è un narratore senza voce, perché? Perché Milano è dentro, è una città tipica nascosta, è dentro, è da riscoprire. E quindi lui, che non ha voce, ma in realtà ha tutti questi pensieri nella testa, ce li racconta, ce li tira fuori. È un cercatore che va e scova tesori come Frank e Nina.

Frank è un vero personaggio, in cerca di se stesso, profondamente fragile che però ha degli alleati come i poeti, gli scrittori e gli scienziati. Lui con la sua sete di conoscenza è un vero supereroe

La Nina è una ragazza fiera che si trova a vivere una condizione diversa dalla sua età, cioè non giusta dalla sua età. Ha seguito dei consigli sbagliati e poi è una ragazza intelligente che vede il mondo attraverso il filtro di una macchina da presa. Noi abbiamo lavorato su questo perché intanto Ludovica [Nasti, l’interprete di Nina, NdR] è una fotografa e perché il personaggio che avevamo come riferimento era Vivian Maier, Quindi loro formano un’alleanza, una famiglia vera e propria, e insomma grazie a questa alleanza provano ad affrontare la realtà.

Come ha funzionato la scelta dei colori all’interno del film? E perché il primo che vediamo è il rame? 

Paola Randi: Il soggetto che ho scritto con Valia Santella partiva proprio dai Ladri di Rame, perché erano riusciti a fermare tutta la città quindi mi sembrava giusto fare questo omaggio al rame all’inizio.

Per me l’importante era avere un mondo libero dove io potessi agire. Io lavoro da un sacco di tempo sulla memoria emotiva che io trovo che sia importantissima. Per me il cinema è un linguaggio intrinsecamente nostalgico perché noi cerchiamo di acchiappare dei sentimenti e di farli rivivere per sempre, ma la memoria è qualcosa di dinamico, eccezionalmente dinamico. 

Allora abbiamo avuto sul set questa cosa che si chiama bianconero selettivo. Noi ci concentravamo su un colore, poi a seconda dello stato d’animo del quartiere o del protagonista, appunto di Gollum, del narratore, avevamo questa straordinaria libertà di trasformare l’immagine in corso per formato, per dimensione, per concentrarci sul portato emotivo di quello che l’immagine rappresenta. 

Una domanda per la produttrice: Come ti ha raccontato il film  Paola e che cosa vi ha fatto innamorare di questa storia?

Laura Paolucci: L’incontro è stato alcuni anni fa, perché avevamo già lavorato con Paola, però in una serie televisiva molto matta. Paola in quell’occasione aveva dimostrato tutta la sua creatività. In questo caso ci ha portato un racconto in prima persona, quindi molto letterario, che ci ha appassionato talmente tanto che a un certo punto pensavamo di trasformare il romanzo, perché come Fandango abbiamo anche una casa editrice. Poi è arrivata la sceneggiatura, che era una sceneggiatura estremamente originale ma difficile.

C’era già tutta la voce narrante di Gollum, c’erano già i colori, che poi ovviamente non sono stati rispettati come era sulla pagina, ma sono rimasti tutti i segni che poi hanno germogliato durante le riprese. Sono molto felice del film perché era un film difficile. Paola è stata coraggiosa; noi siamo stati coraggiosi; è stata coraggiosa perché era un film veramente rischioso e siamo molto soddisfatti di come è venuto. A noi questi film piacciono. Speriamo che sia un film che possa essere visto dai ragazzi, perché io penso che non ci siano tanti racconti per loro in questo momento; quelli che ci sono e che abbondano sulle piattaforme sono troppo confezionati.

Una domanda per il cast: al di là delle specificità dei vostri personaggi, vi sentite di rappresentare anche uno sguardo giovanile sulla realtà?

Samuele Teneggi: Frank è tanto semplice nel suo essere reale che è complessissimo. Credo che questo tipo di contraddizioni, che poi nascono da situazioni di qualsiasi natura sociale e familiare non siano così rare ad oggi, anche quando si sta bene. In realtà, forse lo psicologo di base è una cosa imprescendibile e quindi ho sentito anche una sorta di responsabilità nella rappresentazione di questo genere di persone. che in piccola parte possono essere rappresentate un po’ dal Frank, un po’ dal Gollum, un po’ dalla Nina. Frank, Gollum e la Nina sono tre personaggi diversissimi eppure necessari l’uno all’altro per formare una combo di tre piccole parti, una più realistica, una più sognatrice, una più razionale..

Ludovica Nasti: Oggi ne stavo giusto parlando con Paola che all’inizio quando ho letto la sceneggiatura ho pensato: ‘Oddio, è una madre giovane’. Quindi, come andrà gestita questa situazione? Come andrà affrontato questo personaggio? Poi ho capito che alla fine la Nina è una ragazza madre responsabile che compie ogni suo dovere appunto da madre che ha una figlia piccolina. Però in questo suo dovere c’è anche quel filo, quel velo di adolescenza della sua età che non perde; ha comunque una leggera irresponsabilità che ti fa capire che lei ha sempre 16 anni. C’è sempre quell’età, nonostante sia venuta a crescere prima del tempo e abbia dovuto affrontare una comunque una situazione difficilissima tra le mura domestiche. 

Gabriele Monti: Secondo me, c’è un collage di situazioni sia dei giovani d’oggi, che no. Di questa generazione ci sono delle situazioni psicologiche e anche degli archetipici della sfera adolescenziale come il non sentirsi capiti, ma anche il triangolo amoroso. Gollum ha un mondo interiore che dall’esterno a meno che non lo sveli è impossibile da comprendere su di lui, cioè sembra un blocco di marmo tutto compatto con la sua giacca, con lo sciarpone, con il suo taglio fresco, però dentro c’è un tutt’un mondo di immagini e di valori che ha anche attinto da qualsiasi esperienza al di fuori dei corpi sociali che è solito frequentare.

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