Presentato ieri sera alla nona edizione del Seeyousound International Music Festival di Torino, all’interno della sezione Rising Sounds (dedicata alle grandi figure della musica internazionale e di lotta), Césaria Évora di Ana Sofia Fonseca è una delle ricche proiezioni che stanno caratterizzando il SYS9.

Chi era Césaria Évora

Pochi artisti hanno lasciato un ricordo netto e persistente come Césaria Évora. Chi ha ascoltato la sua voce almeno una volta non la dimentica più, è un paradigma assoluto, capace di travalicare i confini del remoto (ai tempi) arcipelago africano da cui proveniva: Capo Verde. Oggi tutti sanno dov’è, molti ci vanno e non è escluso che Césaria ne sia responsabile, spesso i viaggi seguono fantasie legate ai miti.

La sua carriera internazionale inizia tardi, verso la fine degli anni Ottanta, quando ha già quasi cinquant’anni. Tra Portogallo e Francia qualcuno la invita e da lì inizia una corsa irrefrenabile che la vede girare il mondo in numerose tournée lunghe e impegnative, in luoghi mitici come l’Olympia di Parigi o l’Hollywood Bowl, 18.000 biglietti esauriti in prevendita. Per Césaria è una vita faticosa, un ménage che gestisce a modo suo, bevendo parecchio e fumando appena può, se necessario anche sulla scena. Guadagna molto e condivide: la sua casa a Sao Vicente è sempre piena di persone che mangiano e bevono, chiunque può entrare in qualsiasi momento, molti le chiedono soldi e lei elargisce.

Il film a lei dedicato

Ana Sofia Fonseca, regista di questo interessante docufilm, si sofferma molto sulla sua infanzia, importante per comprenderne la personalità. In quel periodo ha vissuto la povertà e l’abbandono: la madre era sola e cieca, spesso la portava in orfanotrofio perché non era in grado di occuparsi di lei. In seguito ha avuto molte relazioni, nessuna duratura, da cui sono nati tre figli. Una delle principali protagoniste del film, come voce narrante, è proprio la nipote, che, tra le altre cose, parla a lungo della sua depressione, un tormento che bloccherà la sua vita tra i trenta e i quarant’anni e che tornerà, ancora più grave, nell’ultimo periodo della sua vita.

SYS9 Césaria Évora

La parte capoverdiana, meno conosciuta, è esauriente anche se frammentaria, la narrazione va avanti e indietro tra passato e presente con qualche difficoltà nel fissare gli eventi nel loro tempo, in un’alternanza tra filmati d’archivio e girati originali. Del resto non è semplice fissare la personalità di Césaria, liquida, mutevole, ora paziente, ora insofferente. C’è un episodio molto divertente a Cuba con Compay Segundo, un tentativo di duetto con lui cialtrone e indisciplinato, lei perfetta e sempre sul pezzo. Perché proprio questa è la sua natura di musicista, centrata e professionale al di là delle sue enormi doti naturali e nonostante la sua instabilità.

Ogni volta che si ascolta la sua voce inconfondibile, benedetta per quel timbro insieme chiaro e profondo, per la misura con cui esprime i sentimenti, la perfezione con cui porge ogni parola, si ricrea quell’emozione che solo lei sa trasmettere. Nel film spesso il suo canto spesso compare all’improvviso, e non manca mai di colpire con quegli attacchi precisi ed eleganti e quel portare le frasi come carezze. Quando parla di sé in diversi spezzoni di repertorio lo fa con ironia e leggerezza, come quando rifiuta di farsi inquadrare il piede destro, lei che ha cantato scalza per tutta la vita.

Grande merito del film è comunicare con affetto la storia di questa cantante di cui tutti conoscono la voce ma molto meno la vicenda personale. L’andamento, sebbene episodico e un po’ schematico, riesce comunque a trasmettere la passione per un personaggio mai abbastanza amato.

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