Lo sappiamo. Parlando di festival di musica oggi vi aspettereste piuttosto un pezzo sull’imminente prima giornata di Sanremo. Magari, ci arriveremo. Ma oggi vogliamo iniziare a darvi qualche anticipazione su uno dei festival cinematografici legati al mondo della musica più importanti del panorama italiano. Stiamo parlando del Seeyousound di Torino, la cui ottava edizione si svolgerà dal 18 al 24 febbraio 2022.

In attesa di tutti i dettagli sulla programmazione delle sezioni in concorso e gli eventi previsti al Seeyousound8, il festival ha già ufficializzato i titoli che comporranno la rassegna Rising Sound che con il sottotitolo Music Is The Weapon si fa portatrice dei risvolto impegnato del festival dedicato a cinema e musica, mostrando come la musica possa essere un’arma potente per abbattere le barriere. 5 documentari (di cui 2 in anteprima italiana) raccontano i momenti in cui la musica è stata testimone e promotrice del cambiamento dei tempi e guardano al passato per non dimenticarlo e tenere salda l’attenzione sui rischi del presente. Come dichiara Juanita Apràez Murillo, curatrice della sezione:

Nel corso della storia, durante periodi di violenza, oppressione e censura, l’atto creativo è diventato un atto di sfida contro regimi militari o autocratici che da sempre mirano a distruggere le libertà umane fondamentali. Con questa rassegna, accompagnati da storie potenti come quelle dei cinque film selezionati, affrontiamo un viaggio emotivo che serve a ricordarci ancora una volta di lottare, resistere e soprattutto non dimenticare mai il passato.

Rising Sound – Music is the weapon, è uno scorcio sulla musica resistente, un affresco di quei cantori che hanno intriso di Storia la propria produzione e hanno a loro volta lasciato una traccia, come Caetano Veloso, protagonista del ritratto commovente e a tratti ironico in Narciso em férias / Narciso in vacanza (Brasile, 2020, 83’) di Renato Terra e Ricardo Calil (lunedì 21 febbraio ore 21.15, Sala Cabiria). Presentato nel 2020 fuori concorso alla 77ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il film racconta – per voce dello stesso Veloso – l’esperienza più tragica dell’artista brasiliano, quando il 13 dicembre 1968 fu prelevato dalla propria abitazione da agenti in borghese e tenuto in prigione per 54 giorni. Il cantautore trasforma quei momenti di angoscia, paura e dolore in qualcosa di affascinante e porta lo spettatore a riflettere sull’orrore che fu la dittatura.

I grandi cambiamenti passano attraverso la rottura del velo d’indifferenza, dalla capacità di sentire proprie battaglie apparentemente distanti e prenderne parte con i mezzi a disposizione. È il caso dei fratelli Ahmet e Nesuhi Ertegun, figli dell’ambasciatore turco a Washington DC negli anni ’30, quando la città era l’epicentro del jazz, intorno alla cui storia ruota Leave The Door Open (Turchia, 2021, 64’) di Ümran Safter (domenica 20 febbraio ore 16.00, Sala Soldati), in anteprima italiana. La residenza ufficiale dell’ambasciata diventa luogo di jam session di musicisti neri e bianchi e le amicizie instaurate in quei giorni porteranno molti artisti a firmare con Ahmet anni dopo, quando lanciò l’etichetta Atlantic Records, casa discografica scelta da artisti leggendari come Aretha Franklin, Led Zeppelin, Ray Charles, Otis Redding, The Rolling Stones, Cher, Genesis, Cream e molti altri.

Trent’anni dopo saranno altri due giovani a tendere una mano ad artisti oppressi per dare voce alle loro battaglie. In in anteprima italiana, Si me borrara el viento lo que yo canto (Spagna, 2019, 89’) di David Trueba (giovedì 24 febbraio ore 20.45, Sala Soldati) è la storia dell’album simbolo di resistenza antifranchista Canciones de la Resistencia española nato grazie a due studenti svedesi che, giunti in Spagna nel 1963 con l’idea di fare eco ai movimenti di lotta, contattarono l’allora sconosciuto cantante Chicho Sánchez Ferlosio e registrarono artigianalmente alcune delle sue canzoni. Proteggendo l’anonimato dell’artista, pubblicarono quello che è ritenuto il primo disco di canzoni di protesta in Spagna. Solo dopo la morte di Franco nel 1975, in un’intervista alla tv svedese, si diede un volto all’autore.

Ci sono ferite ancora aperte, che rimandano alle origini, al coinvolgimento atavico di chi è ponte tra due parti della stessa storia e non si sottrae dal fare la propria parte, come accaduto a Zaïre 74: il festival musicale che per tre notti a Kinshasa ha riunito i più grandi talenti del rhythm and blues d’America e i migliori artisti africani sullo stesso palcoscenico. Soul Power (Stati Uniti, 2008, 93’) di Jeffrey Levy-Hinte (mercoledì 23 febbraio ore 21.15, Sala Cabiria) con i suoi filmati inediti, suona come una capsula del tempo, documentando i giorni inebrianti in cui il crossover musicale tra Africa e America stava appena emergendo e in cui parte degli artisti americani, incoraggiati dal movimento per i diritti civili, stava visitando l’Africa per la prima volta. Il concerto fu una grande celebrazione della libertà.

Le radici non sempre sono lontane, a volte basta voltarsi e guardare negli occhi di un padre, come ha fatto Cristiano De André che in DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato (Italia, 2021, 95’) della regista di Torino Roberta Lena (martedì 22 febbraio ore 21.15, Sala Soldati), fa un omaggio musicale e personale, all’eredità artistica umana e politica di un grande poeta, testimonianza di un rapporto d’amore profondo. Cristiano De André ha riproposto al pubblico italiano, in un tour durato due anni, il concept album Storia di un impiegato, capolavoro quanto mai attuale di De André, scritto nel 1973 con Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani. Il film è un percorso musicale e visivo attraverso quei concerti dal vivo, repertori di lotte sociali, memorie storiche, familiari e filmati inediti. Una sorta di biografia, attraverso il rapporto speciale tra padre e figlio, del loro comune sentire fino ad arrivare a un riconoscimento simbiotico.

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